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Osteoartrosi

20 Maggio 2025

Mind the Patient: ascoltare il paziente per affrontare l’osteoartrosi

Comprendere in profondità i bisogni delle persone che vivono una condizione cronica e rendere il paziente protagonista del proprio percorso di cura è l’obiettivo del progetto Mind the Patient. Promosso da IBSA


anziano medico polso

Comprendere in profondità i bisogni delle persone che vivono una condizione cronica e rendere il paziente protagonista del proprio percorso di cura è l’obiettivo del progetto Mind the Patient. Promosso da IBSA, l’iniziativa nasce come un percorso strutturato di confronto tra pazienti, medici, specialisti e associazioni. È da questo spirito che nasce anche l’approfondimento dedicato all’osteoartrosi, una delle condizioni più diffuse e sottovalutate, che compromette pesantemente la qualità della vita.

Mind the Patient è un percorso interno di crescita culturale e scientifica, una piattaforma di dialogo continuo che parte dall’esperienza concreta per offrire risposte più aderenti ai bisogni delle persone. Un percorso che si apre alla condivisione e si struttura in strumenti di supporto, con la finalità di migliorare la qualità dell’assistenza e della vita dei pazienti.

La voce del paziente: vivere con l’osteoartrosi

A portare testimonianza di cosa significhi convivere con l’osteoartrosi è Maria Grazia Pisu presidente di ALOMAR ODV: “La qualità della vita non è eccellente e c’è sempre necessità di aiuto, perché nella vita quotidiana le articolazioni vanno mosse in tutti i modi», racconta. Dal lavarsi il viso al cucinare, dal sollevare un oggetto all’aprire una lattina, ogni azione richiede strategie alternative, “malizie particolari” come le definisce lei, che non tutti conoscono e che, a volte, richiedono il supporto di altri. 

Il futuro è fatto di una speranza concreta: servizi accessibili, sostegno umano e la possibilità per ogni paziente di diventare più autonomo possibile. “Il mio auspicio – spiega – è che ci sia sempre qualcuno di attento che possa aiutarci a migliorare la qualità della vita. Anche se non sempre il Servizio Sanitario riesce a garantire tutto, le associazioni possono offrire un supporto fondamentale”. Ma c’è di più: c’è l’importanza di essere ascoltati. “Per anni i pazienti non sono mai stati ascoltati. Finalmente siamo in un’epoca in cui sia i medici, le istituzioni e le aziende riescono a dare parola anche al paziente, perché le problematiche le viviamo noi sulla nostra pelle», sottolinea. E conclude: «È molto importante che ci siano questi confronti”.



Le associazioni: un ponte tra solitudine e cura

Nella visione del presidente di ANMAR, Silvia Tonolo, l’osteoartrosi è una condizione troppo spesso affrontata in solitudine. “Il paziente si trova spesso e volentieri abbandonato. Manca un collegamento efficace tra medico di base, specialista e servizi. Non esiste un vero percorso diagnostico-terapeutico assistenziale per questi pazienti”, spiega, sottolineando come questa mancanza si estenda anche a molte altre patologie reumatologiche. L’associazione, in questo scenario, svolge un ruolo di supplenza e orientamento: informare, indirizzare, offrire ascolto.

“Convivere con il dolore è lacerante anche dal punto di vista psicologico”, aggiunge Tonolo, ricordando che “i costi indiretti della patologia – assenze dal lavoro, perdita di autonomia, impatto psicologico – spesso non vengono nemmeno considerati dalle istituzioni”. Mind the Patient, per lei, è uno spazio fondamentale di condivisione e pressione positiva. “L’unione fa la forza: se le istituzioni vedono uniti specialisti e associazioni, cambia la prospettiva”, osserva. E rilancia con un messaggio forte: “Dobbiamo riorganizzare la sanità usando quello che già esiste e includendo strumenti come il Piano nazionale delle cronicità e la telemedicina”.



Diagnosi precoce e opzioni terapeutiche: patologia da non trascurare

Dare voce ai pazienti è importante tanto quanto costruire percorsi terapeutici efficaci. Per il dottor Andrea Reggiani fondatore e socio di ANFI, l’osteoartrosi va compresa come un processo dinamico, che si evolve nel tempo. “Il primo punto da trattare è suddividere questa patologia in una prima fase, l’early osteoarthritis, e in una seconda fase in cui è conclamata”, spiega. All'inizio è “possibile intervenire con strategie non farmacologiche, come la promozione di corretti stili di vita: attività fisica moderata, alimentazione sana e gestione del peso. Quando questo non basta – aggiunge - si passa alla farmacologia – prosegue – a partire dagli integratori fino ad arrivare ai trattamenti locali, come le infiltrazioni articolari”.

Tra questi, l’uso dell’acido ialuronico rappresenta una delle opzioni più utilizzate per ripristinare l’omeostasi dell’articolazione. Nelle fasi più avanzate, invece, si ricorre a terapie sistemiche orali o, nei casi gravi, alla chirurgia protesica. Ma tutto parte da una diagnosi precoce. “Molto spesso i pazienti arrivano tardi. Il dolore è soggettivo e spesso viene sottovalutato. È fondamentale che il riconoscimento dei primi sintomi diventi un momento di cura condivisa”. Per Reggiani, progetti come Mind the Patient sono essenziali perché creano consapevolezza reciproci: “Il valore di questi spazi – aggiunge – è la trasmissione del sapere medico ai pazienti, perché possano riconoscere i sintomi e rivolgersi al clinico prima che la malattia diventi invalidante”.



Un’emergenza silenziosa che colpisce non solo gli anziani: i campanelli di allarme

L’osteoartrosi è una delle patologie più comuni nelle persone over 65, riporta il professor Mario Vetrano professore associato di medicina fisica e riabilitativa dell’Università La Sapienza di Roma: “in questa fascia tra il 10 e il 15% della popolazione è affetto da sintomi dell'osteoartrosi. E purtroppo questi sintomi si possono ritrovare anche nei soggetti under 50. L’osteoartrosi rappresenta una delle principali cause di disabilità nella popolazione anziana. Eppure, spesso viene vista come una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento, più che come una condizione da gestire”, spiega.

È importante quindi cogliere precocemente i campanelli d’allarme: dolore articolare persistente, rigidità, perdita di mobilità. “Intervenire precocemente può fare la differenza tra una vita attiva e l’isolamento sociale. Per questo è cruciale che i pazienti, i medici e i caregiver imparino a cogliere i primi segnali», osserva.

E anche per Vetrano, spazi come Mind the Patient sono preziosi. “Creare occasioni in cui la voce del paziente, le evidenze scientifiche e la clinica si incontrano è il primo passo per ripensare i percorsi di cura. Non si tratta solo di curare le articolazioni, ma di salvaguardare l’autonomia e la qualità della vita”.

L’osteoartrosi non è solo una malattia delle articolazioni. È una condizione che impatta l’identità stessa delle persone, limitando movimenti, autonomie, relazioni. Per questo IBSA, attraverso il progetto Mind the Patient, vuole contribuire a cambiare paradigma: non basta curare, bisogna ascoltare. 



In collaborazione con IBSA Italy

TAG: IBSA ITALIA

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