Terapia
18 Dicembre 2024In Italia il dolore cronico moderato-severo ha un costo sociale medio annuo per paziente di 6.304 euro. Di questi, 1.838 sono i costi diretti. Complessivamente il costo sociale annuo è di 62 miliardi di euro. Sono le cifre evidenziate da un'analisi Censis-Grünenthal,
In Italia il dolore cronico moderato-severo ha un costo sociale medio annuo per paziente di 6.304 euro. Di questi, 1.838 sono i costi diretti, di cui solo 646 sono a carico dei pazienti; 1.192 impattano sul Servizio sanitario e 4.466 sono i costi indiretti. Complessivamente il costo sociale annuo è di 62 miliardi di euro. Sono le cifre evidenziate da un'analisi Censis-Grünenthal, che certificano come il dolore cronico di intensità moderata o severa, oltre a generare un gravoso impatto a livello individuale clinico e psicologico, incida sulle tasche dei malati, sul servizio sanitario e anche sull'economia in senso più ampio, poiché di fatto impatta anche negativamente sui lavoratori.
I dati - diffusi in una nota - indicano che il dolore cronico genera costi significativi per chi ne soffre poiché richiede una serie di prestazioni sanitarie, dai farmaci alle visite mediche specialistiche, che impongono esborsi monetari che pesano sui bilanci delle famiglie coinvolte. Infatti, il 76% delle persone a basso reddito che soffrono di dolore cronico dichiarano che le spese private impattano molto sul bilancio economico familiare, condizione simile (70,5%) tra i redditi medio bassi che si riduce al 60% e 48% rispettivamente per i redditi medio-alti e alti. Il peso delle spese affrontate di tasca propria è molto più alto per le donne (73,4%) rispetto agli uomini (57,9%); è poi più alto per gli adulti (71,2%) e i giovani (68,2%) rispetto agli anziani (57,2%). È, invece, analogo trasversalmente alle macroaree geografiche, all'ampiezza del comune di residenza e anche al titolo di studio dei malati.
Inoltre, per il 40,6% di chi lavora l'insorgenza del dolore di intensità moderata o severa come patologia cronica ha avuto conseguenze sulla propria attività. Anche in questo caso sono più penalizzate le donne lavoratrici, con il 46,1% rispetto ai lavoratori (36,3%). Nel complesso, gli effetti limitativi sul lavoro sono molteplici: il 35,4% degli intervistati ha dovuto mettersi in malattia; il 30,8% ha dovuto chiedere permessi per recarsi dal medico, per le terapie eccetera; il 27,7% ha dovuto assentarsi di più che in passato; il 25% suo malgrado ha ridotto il rendimento e ha minori opportunità di carriera; il 13,3% ha dovuto cambiare mansioni, ruolo nel lavoro; l'11,8% ha dovuto ridurre l'orario ricorrendo a forme di part time, con una riduzione della propria retribuzione. E ancora: il 5,8% ha dovuto lavorare (o lavorare di più) da casa; il 3,8% ha dovuto cambiare lavoro perché non compatibile con le problematiche legate al dolore; l'1,2% è stato licenziato. Da notare come il 41,3% ritenga che sul lavoro il suo dolore venga ritenuto una sorta di 'scusa' assentarsi, chiedere permessi, in definitiva per lavorare meno o non lavorare del tutto.
Soffrire di dolore cronico severo determina anche un taglio nei redditi degli occupati che soffrono questa patologia: in media si parla di una contrazione di quasi il 17% del totale dei propri redditi, in particolare, di cui al 16,5% per gli uomini, al 17,5% per le donne; al 22,1% per i bassi redditi, al 22% per quelli medio-bassi, al 14,2% per quelli medio-alti e al 7,1% per i più alti; al 25% per i giovani, al 15,4% per gli adulti e al 4,2% gli anziani; al 16,5% per i residenti nel Nord-Ovest, al 18,1% per quelli nel Nord-Est, al 15,5% nel Centro e al 17,5% nel Sud-Isole.
Il dolore cronico agisce quindi sulla condizione economica di chi lavora generando un rialzo delle spese con costi in capo ai malati per l'acquisto di servizi e prestazioni sanitarie e altri prodotti e servizi necessari per fronteggiare le conseguenze della malattia, e una riduzione della capacità di generare reddito per sé stessi e la propria famiglia. Si riducono le proprie performance come conseguenza della contrazione delle risorse psico-fisiche e di tempo che si riesce a dedicare al lavoro, con conseguente riduzione dei propri redditi.
"Da oltre 45 anni ci occupiamo di dolore in Italia - commenta Laura Premoli, General Manager di Grünenthal Italia - Con il rapporto Censis-Grünenthal abbiamo reso visibile l'invisibilità del dolore, ascoltato i bisogni delle persone e continuato a informare ed evolvere una cultura sul dolore nel nostro Paese. Cosa fare ora? Il dolore cronico rappresenta un capitolo importante, ancora non affrontato, per l'economia del nostro Paese. In primis è urgente lavorare a un percorso condiviso con i vari stakeholder e far riconoscere questa patologia e la sua cronicità. Questo consentirà di promuovere politiche organizzative integrate e di networking sul territorio e agevolare il virtuosismo della rete dei centri di terapia del dolore, ai quali ancora troppi pochi pazienti si rivolgono. È altrettanto importante stimolare il dialogo, il confronto e la partnership pubblico-privato per affrontare insieme una problematica che ha un impatto rilevante sui costi sociali e sanitari, migliorando la salute del sistema Paese".
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