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10 Gennaio 2024

2024: Odissea in Pronto Soccorso

La cronaca riporta quotidianamente notizie su aggressioni e comportamenti incivili a danno di operatori di Pronto Soccorso, Paolo Colli Franzone presidente dell’Istituto per il Management dell’Innovazione in Sanità, che ha pubblicato di recente il libro “Il New Normal della Sanità”, edito da Edra, propone alcuni spunti per affrontare la situazione critica. Ecco il suo intervento

di Paolo Colli Franzone


2024: Odissea in Pronto Soccorso

La cronaca riporta quotidianamente notizie su aggressioni e comportamenti incivili a danno di operatori di Pronto Soccorso, Paolo Colli Franzone presidente dell’Istituto per il Management dell’Innovazione in Sanità (IMIS), che ha pubblicato di recente il libro “Il New Normal della Sanità”, edito da Edra, propone alcuni spunti per affrontare la situazione critica.
Ecco il suo intervento

Le cronache dei quotidiani e dei telegiornali abbondano, da troppo tempo, di notizie su aggressioni e altri comportamenti incivili a danno di operatori di Pronto Soccorso da parte di pazienti o loro familiari. Nella migliore delle ipotesi, volano parolacce. Altre volte (troppe), vola anche qualche cazzotto.  Il fatto è che, ormai, ogni giorno e in ogni Pronto Soccorso è un vero delirio. Quelli bravi, forse per rendere la cosa meno traumatica, lo chiamano “overcrowding”, ma è davvero un manicomio. Qualche numero, per farci un’idea più precisa.
Stiamo parlando di 17 milioni di accessi ai PS nel 2022, con poco meno di due terzi di essi riferibili a codici bianchi o verdi: oltre dieci milioni di situazioni che potrebbero tranquillamente essere gestite a livello territoriale, se solo il territorio non fosse una rappresentazione chimerica della realtà sanitaria italiana.
In teoria, dovremmo farcela entro qualche anno anche grazie ai fondi PNRR che contribuiranno a mettere in operatività le Case di Comunità e le Centrali Operative Territoriali.
In pratica, non siamo in grado di dire con precisione se ce la faremo o no. Non è solo una questione di soldi, anche se – evidentemente – essi aiutano non poco.
La stampa non specializzata si concentra sul tema dei tempi di attesa, nutrendosi di medie calcolate tenendo in considerazione tutte le tipologie di codice colore assegnato, ossia tenendo insieme casi completamente differenti tra loro. È sicuramente vero che in quasi tutti i PS italiani si aspetta troppo tempo fra il triage e la prima visita, ma è altrettanto vero che chi ne ha davvero bisogno – fatte salve le eccezioni dovute a situazioni particolarmente caotiche – se la cava in poco tempo. Salvo, magari, rimanere poi in attesa di un posto letto quando viene deciso il ricovero, ma questo è un altro discorso.
Il fatto vero, aldilà del sensazionalismo mediatico, è che manca del tutto – in noi italiani – la consapevolezza della “sacralità” del Pronto Soccorso: ci andiamo perché alle 2 del mattino (o in un pomeriggio domenicale) non troviamo il nostro medico di medicina generale e perché la Guardia Medica – per non incappare in possibili guai – ci convince che è meglio chiamare il 118.
Abbiamo persino imparato a barare con l’operatore del 118, esagerando sui sintomi e pronunciando le “paroline magiche” che fanno scattare l’allarme negli algoritmi di triage. Ci vogliamo proprio andare, in Pronto Soccorso, a tutti i costi. “Tanto è tutto gratis, e poi così mi fanno anche la Risonanza, che sono in lista d’attesa da due mesi, e risparmio anche il ticket…”.
Hai voglia a sperare che il Decreto 77 risolva tutti i problemi…
Forse dovremmo cominciare a chiederci seriamente se non sia il caso di cambiare qualcosa, magari prendendo esempio dal sistema sanitario olandese, dove, se arrivi in Pronto Soccorso senza averne davvero bisogno, non è detto che ti accettino. Se sei bravissimo a simulare, allora ti accettano, ma poi quando si accorgono che avresti potuto rivolgerti al tuo medico di medicina generale o al servizio di Guardia Medica per turisti e non residenti ti guardano malissimo e poi ti fanno pagare per intero tutte le prestazioni (compreso il tempo perso dal personale). E l’ambulanza, quella la paghi in ogni caso.
Se proprio non ce la sentiamo di fare come gli olandesi, allora potremmo pensare di rendere obbligatorio un triage remoto approfondito: tu te ne resti ancora un pochino a casa tua, intanto ti faccio una televisita e decido io se dirti di venire in PS o prenderti una camomilla, andare a nanna e poi domattina chiamare il tuo MMG.
A breve avremo ovunque le piattaforme di telemedicina, grazie ai fondi PNRR. Usiamole anche per questo.
È vero che, così facendo, le strutture di PS dovranno dedicare almeno un medico per turno a queste attività di telemedicina, ma è altrettanto vero che così facendo ci libereremo da un bel po’ di accessi inappropriati, potendoci concentrare sui casi che ne hanno davvero bisogno.
Non è difficile, vero?

Di Paolo Colli Franzone – IMIS Istituto per il Management dell’Innovazione in Sanità

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