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08 Agosto 2024

Sanità, Confindustria dispositivi medici: confermare payback aprirebbe crisi con danni a Ssn

Parla così il  presidente Nicola Barni, in merito al meccanismo del payback. Il timore è che il provvedimento potrebbe disincentivare gli investimenti delle  compagnie


payback dispositivi medici

"Confermare il payback vorrebbe dire aprire una crisi con danni a lungo termine per il Sistema sanitario  nazionale". Parla così in un'intervista a 'Il Corriere della Sera' il  presidente di Confindustria dispositivi medici Nicola Barni. Il payback impone alle aziende fornitrici di attrezzature come macchinari per tac, risonanza magnetica, dialisi ma anche garze, camici,  strumenti per le analisi di laboratorio e ferri chirurgici, di  rimborsare il 50% dello sforamento dei tetti di spesa per l'acquisto  di dispositivi medici nel caso in cui la Regione superi il limite,  fissato al 4,4% del Fondo sanitario nazionale. Se gli acquisti vanno  oltre questo margine, metà dello sforamento deve tornare indietro al  mittente, cioè allo Stato, dalle industrie.

"Reputiamo ingiusto questo meccanismo perché sono le Regioni a fissare i prezzi per le gare d'appalto, le imprese non possono sapere quanto gli enti stiano  spendendo sull'ammontare del budget", spiega Barni.  La norma vale anche per i trienni 2015-2018 e 2019-2022 ed essendo retroattiva, prima di pagare, le società hanno presentato 1.800  ricorsi al Tar. A fine luglio però la Corte costituzionale si è  espressa a favore del payback, ritenendo legittimo che gli imprenditori compensino gli sforamenti dal 2015 al 2018. "Senza un  intervento risolutivo — dice il presidente Barni — molte aziende  saranno costrette a chiudere, e chi ha le spalle larghe magari  riuscirà a pagare i debiti ma poi investirà altrove". Il business dei dispositivi medici in Italia vale l'1%del Pil, ha un giro d'affari  intorno ai 18 miliardi e coinvolge circa 4.600 società con 120 mila  dipendenti. Secondo le stime del centro studi della Confindustria di  settore, precedenti alla sentenza della Consulta e che considerano  anche le tasse sul fatturato, le compagnie dovrebbero rendere quasi 6  miliardi: 2 miliardi per il 2015-2018 e 3,75 miliardi per il  2019-2022.

Solo una piccolissima parte degli imprenditori, ad oggi, avrebbe pagato. "Mai come questa volta il comparto è stato coeso - dice Barni  - non si può pensare che le industrie sopperiscano a una carenza strutturale di fondi". II timore per Confindustria è che nel lungo  termine questo provvedimento disincentivi gli investimenti delle  compagnie. «Molti produttori dovranno ridimensionarsi, e gli ospedali  inizieranno ad accontentarsi anche di apparecchi di qualità inferiore, con il rischio che questo incida sul diritto alla salute". L'obiettivo dell'associazione ora è ottenere la cancellazione della norma e  proseguire un dialogo con gli enti governativi. "Vogliamo sedere ai  tavoli tecnici - spiega Barni - per ragionare sul problema alla base  di questa legge, cioè il sottofinanziamento della Sanità e la governance dei dispositivi medici". Nel frattempo, continueranno a  presentare ricorsi contro il payback.

TAG: CONFINDUSTRIA DISPOSITIVI MEDICI, NICOLA BARNI, PAYBACK, SSN

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