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15 Dicembre 2025

Maculopatie, esperti: servono percorsi unificati e nuovi modelli organizzativi

Piatti (AIMO): “Ambulatori protetti per le intravitreali e farmaci nel PHT per sbloccare davvero il territorio”. Mazzacane (GOAL): “Investire su personale, strumenti e PDTA nazionali per ridurre la perdita di visione”


occhio anziana

Il Libro Bianco “Parità di trattamento nella degenerazione maculare legata all’età di tipo neovascolare”, presentato a Roma, fotografa con precisione i nodi della gestione delle maculopatie in Italia: ritardi diagnostici, accessi difficili, frammentazione dei percorsi e profonde disomogeneità regionali. A margine dell’evento, promosso da Edra S.p.A. e realizzato con il contributo incondizionato di Bayer, Alberto Piatti, responsabile dell’Oculistica territoriale ASL TO5 e consigliere AIMO, e Danilo Mazzacane, docente di oftalmologia e segretario generale GOAL delineano le priorità per cambiare rotta.

Piatti riconosce che il quadro nazionale è molto disomogeneo, anche tra ASL della stessa regione. Nel suo territorio, tuttavia, l’integrazione funziona: “Abbiamo due OCT, uno dei quali OCTA, e un percorso attivo tra distretto e ospedale che consente diagnosi e invio diretto alle agende intravitreali”. Per superare i colli di bottiglia, sostiene, è cruciale ampliare l’uso di ambulatori chirurgici territoriali protetti per le iniezioni, come già previsto dalle Linee guida AIMO. Il nodo resta il personale: “Gli oculisti distrettuali non mostrano grande interesse e gli ospedalieri preferiscono restare in sede”. In prospettiva, Piatti indica una riforma chiave: inserire gli anti-VEGF nel PHT. “Solo così si potrà davvero spostare la gestione sul territorio, con distribuzione diretta dalle farmacie ospedaliere e somministrazione in clean room dedicate”.

Per Mazzacane, il primo blocco è a monte: “Il territorio, che dovrebbe essere la porta d’ingresso, soffre carenza di personale formato, strumenti inadeguati e scarsa digitalizzazione”. Diagnosi tardive e ritardi nelle priorità derivano anche dall’assenza di una rete clinica strutturata e di sistemi informativi efficienti. Gli screening, aggiunge, devono essere “mirati”, basati sui fattori di rischio individuati dal medico di medicina generale, e possono trovare spazio in Case di Comunità e farmacie grazie a OCT di nuova generazione e telemedicina. Fondamentali anche l’approccio multidisciplinare e il coinvolgimento della medicina del lavoro. Sui PDTA, Mazzacane auspica un indirizzo nazionale “agile, omogeneo e con meno burocrazia”, con agende dedicate per patologia e percorsi di andata-ritorno tra ospedale e territorio. La priorità assoluta, però, resta una: investire. “Servono risorse per strumenti, clean room territoriali, ricambio generazionale dei medici e modelli organizzativi basati su percorsi, non su singole prestazioni”. 

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