Governo e Parlamento
12 Luglio 2022 I medici in pronto soccorso, dipendenti, sono 11 mila e dovrebbero essere 18 mila. Per la Fimeuc federazione delle associazioni di settore negli ospedali, ne mancano 7 mila e già quest’anno si sono dimessi in 600. Anche sul territorio l’emergenza è una professione desertificata, al gennaio 2021 erano in servizio 2952 convenzionati per il “118” fra contratti a tempo determinato e indeterminato ed un altro migliaio a contratto di dipendenza. Non sono giovani. Si pensioneranno oltre mille in 3-4 anni. Secondo i calcoli Fimeuc tra Ps e 118 mancheranno 5 mila medici nel 2026, quando avremo a regime Case ed ospedali di comunità. Non è ipotizzabile rimpiazzarli con i numeri attuali. La professione non è appetita, tanto che per ogni dieci medici di emergenza urgenza di cui avrebbe bisogno il servizio sanitario nazionale, accettano di specializzarsi in quattro. Nel corso post-laurea 2021-22 su 1156 posti in palio 626 borse non sono state assegnate. Per cambiare le cose si muovono vari progetti di legge in Parlamento, tra Camera e Senato. Il primo in ordine di tempo è a prima firma della senatrice Maria Elena Castellone (M5S) che, per alcuni addetti ai lavori, più di altre salvaguarda la figura del medico convenzionato; poi ci sono quelli di Paola Boldrini (Pd), Maria Teresa Cantù (Lega). L’ultimo Ddl di Stefano Mugnai (Pdl) sostenuto da alcune voci in Fimeuc prevede un medico unico di emergenza urgenza che si divide tra pronto soccorso ed ambulanze, forte di una specialità spendibile sia in ospedale sia sul territorio. La proposta non piace a tutti. Che, almeno in assenza di specializzazione, sia durissima lavorare sia in Ps sia nel 118 lo dimostra quanto avvenuto in Romagna dove un nuovo contratto dà ai medici del 118 15 euro orari in più per il servizio in Ps e per ogni ora lavorata nelle mura ospedaliere 60 euro; tuttavia, essendo la scelta di operare in ospedale volontaria, alcuni non l’hanno fatta e dalla busta paga, come denuncia il sindacato Snami, si sono visti togliere 900 euro. Ciò sebbene l’integrazione sia prevista dalla convenzione del 2008, non sia “defalcabile” dallo stipendio, e venga corrisposta per un lavoro in Ps richiedente il requisito di una specialità idonea, di rado soddisfatto dal medico.
Fimmg Emergenza sanitaria territoriale in questi giorni ha ribadito in un comunicato che per riavvicinare i medici all’emergenza occorre coprirgli le spalle con un contratto forte a partire dal territorio. Che non vuol dire necessariamente metterli a dipendenza. «Anzi, le regioni dove l’attività extra-ospedale si va ripopolando sono quelle dove crescono i medici 118 convenzionati come Emilia Romagna (+16% nel ’21), Campania (+29), Umbria (+44%)», dice Francesco Marino segretario Fimmg EST. «Le regioni hanno difficoltà a contrattualizzare dipendenti e cercano sistemi di reclutamento più snelli. E in effetti sarebbero sufficienti interventi mirati per rendere la nostra convenzione più forte». Cosa vuol dire mirati? «Pochi e che gravino il minimo indispensabile sulla collettività e sui colleghi del settore. Noi chiediamo un intervento delle regioni per finanziare la nostra quota oraria, al momento uguale a quella dei colleghi di continuità assistenziale la cui attività tende però con il ruolo unico a spalmarsi su 16 ore e a coordinarsi con l’assistenza primaria; la nostra attività invece a lungo andare è “usurante” e come tale – secondo intervento che chiediamo – andrebbe riconosciuta. Ciò richiede una maggiorazione con fondi che in convenzione per la Medicina Generale, quella cui afferiamo, non ci sono, a meno di non toglierli ai colleghi: sarebbe opportuno un investimento del Ssn con fondi finalizzati strutturali all'Emergenza Territoriale. Così come sarebbe da finanziare la nostra contribuzione all’Enpam: prima versavamo il 5,37% del nostro stipendio, ora versiamo il doppio, mentre la quota dell’Asl è rimasta al 10,70% e invece di 1-2 punti potrebbe salire. Per inciso, solo alcune regioni (Sicilia, Liguria, Puglia, Emilia Romagna) hanno riconosciuto a noi medici EST il “premio” previsto dalla Finanziaria per essere rimasti in prima linea, attribuito invece a tutti i colleghi del pronto soccorso e dei reparti di terapia intensiva ed infettivologici. Noi non siamo nei radar. E i giovani se ne sono accorti».
Alla proposta di legge Mugnai, Fimmg preferisce il ddl Castellone, anche se è disposta a lavorare ad una sintesi. «La figura unica del medico che lavora sia in pronto soccorso sia sulle ambulanze, per com’è formulata uccide l’emergenza territoriale», sottolinea Marino. «Al convegno milanese Fimeuc qualche giorno fa è emerso come solo il 60% degli specializzandi in EU salirebbe sulle ambulanze: a fronte di un fabbisogno di 1156 nuovi specialisti, non i 600 entrati nel corso ma solo 360 andrebbero a lavorare una tantum sul territorio. Si rischia di lasciare senza medico i mezzi di soccorso avanzato senza risolvere il nodo delle carenze in Ps. Noi abbiamo proposto una formazione avanzata, ben più delle attuali 300 ore, per il medico convenzionato di EST: su più anni, anche universitaria, ma con la chance per chi si forma di iniziare a sostituire i colleghi dopo il 1° anno, come oggi accade in medicina generale e, in media 1-2 anni più avanti, nelle specialità».
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