Governo e Parlamento
24 Novembre 2022 La manovra del governo Meloni non piace alle opposizioni. Non piace soprattutto il taglio al reddito di cittadinanza. Partito democratico e Movimento 5 stelle manifesteranno in piazza. Il Terzo polo ha approntato controproposte da presentare in parlamento. Ma ad essere contrariate sono anche le regioni
La manovra del governo Meloni non piace alle opposizioni. Non piace soprattutto il taglio forte al reddito di cittadinanza in un momento di grave inflazione. Partito democratico e Movimento 5 stelle manifesteranno in piazza. Il Terzo polo ha approntato controproposte da presentare in parlamento. Ma ad essere contrariate sono anche le regioni. Le loro perplessità investono anche la sanità, cui il governo destina 2 miliardi di euro. E sono state già espresse in un documento del mese scorso in cui si lanciava un appello ad investimenti nel campo sanitario per far fronte ai deficit lasciati dal coronavirus. Ad oggi i governatori lamentano, a spanne un buco di 3,8 miliardi di euro per i costi Covid e di circa 2 miliardi per l'aumento dei costi energetici. Lo ha ventilato l’assessore salute laziale Alessio D’Amato, candidato governatore con il Terzo polo. In un anno le bollette per gli ospedali italiani sarebbero aumentate di 1,7 miliardi rispetto al 2021: ricordiamo che il Terzo polo da mesi chiede di riaprire la discussione con l’Unione Europea sull'utilizzo dei fondi del fondo salvastati, per rafforzare strutturalmente il SSN. Come regione, chi non chiede aiuti esterni, non nasconde motivi di gravissima preoccupazione. Il governatore veneto Luca Zaia ha chiesto ai medici in pensione di tornare per aiutare un sistema sanitario regionale privo di 45 mila camici bianchi. Fa un ragionamento inverso a quello che utilizzava da ministro Rosy Bindi nel giustificare la pensione dei medici a 65 anni e dice: «Non capisco per quale motivo un medico in perfetta salute, con un carico di professionalità unico, a 70 anni, debba appendere il camice a un chiodo e andare a lavorare da un privato».
«Nonostante le enormi criticità esplose con la pandemia, la sanità pubblica continua a rimanere fuori dalle priorità del Paese», ha commentato Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE, al 17° Forum Risk Management di Arezzo. «Oltre ad essere erosi dall’inflazione, i 2 miliardi previsti per il Fondo sanitario non permetteranno di coprire i costi straordinari dovuti alla pandemia e alla crisi energetica, né tantomeno di avviare alcun rilancio del SSN. Con il risultato di mandare “in rosso” anche le Regioni più virtuose». Cartabellotta ha ricordato che «nel 2020 la spesa sanitaria pubblica italiana era inferiore di 215 euro pro-capite rispetto alla media europea, per un gap complessivo di circa 12,7 miliardi colmabile solo con una programmazione pluriennale di rilancio del finanziamento pubblico».
Per colmare questo gap, in alternativa alle scelte del team Meloni-Giorgetti, il Terzo polo propone una contromanovra, parimenti da 35 miliardi, che prevede 6 miliardi in più per il SSN ed un maggior deficit per 22 miliardi. In alternativa a quest’ultimo deficit, l’Italia potrebbe chiedere di accedere ai prestiti UE del Mes: 38 miliardi di euro.
Per ovviare alle carenze di personale sanitario, rendere accessibili a tutti i cittadini le prestazioni sanitarie dei “nuovi LEA” sbloccando il decreto sulle tariffe delle prestazioni ambulatoriali, tagliare le liste d’attesa e finanziare la ricerca, il fondo sanitario nazionale andrebbe potenziato almeno di 6 miliardi. La cifra coprirebbe sia i maggiori costi energetici (2 mliiardi), sia l’inflazione (2 miliardi) sia l’adeguamento degli stipendi degli infermieri e delle borse degli specializzandi (1 miliardo a testa). Per le bollette, il team Calenda-Renzi propone di ripristinare lo sconto sulle accise dei carburanti, sganciare il prezzo dell’elettricità prodotta dal gas da quella prodotta di altre fonti ed inserire un tetto variabile al costo delle bollette fino a marzo così che le imprese anziché anticipare il versamento e poi chiedere il rimborso sull’F24 si ritrovino già uno sconto. Accanto a “dritte” per potenziare la capacità del PNRR ci sono proposte sul reddito di cittadinanza – da togliere solo agli under 40 senza figli – e la richiesta di salvaguardie fiscali all’inizio dell’attività per chi pur percependo il reddito in questione cerca e trova un lavoro. Va eliminata l’estensione della flat tax a 85 mila euro e va ridotto il cuneo fiscale italiano rendendo permanente il taglio fatto dal Governo Draghi nel 2022. Altre richieste: azzerare i contributi fino a 25 anni e dimezzare l’Irpef fino a 30 anni (costo 4,5 miliardi). In tema di welfare, si chiede di incentivare il rientro al lavoro delle madri aumentando l’assegno unico, istituire un fondo per enti locali per organizzare servizi educativi, rimborsare le spese sostenute per i nidi d’infanzia, estendere il congedo di paternità a 30 giorni, ridurre i costi fiscali alle imprese che investono nella contrattazione di II livello per sostenere la genitorialità.
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