Tra i medici del territorio, solo una rappresentanza sindacale si è fin qui espressa sulle aspettative di finanziamento della sanità pubblica inserite dal governo nel Documento di programmazione economica e finanziaria (DEF) presentato il 10 aprile, ed è lo SMI, il Sindacato Medici Italiani. Il Segretario Generale Pina Onotri osserva che le previsioni 2023-25 non promettono niente di buono per il Servizio sanitario nazionale in quanto contemplano una decrescita dei finanziamenti, proprio mentre le prossime leggi di bilancio dovrebbero recuperare le liste d’attesa in ricovero ordinario, nelle visite ambulatoriali, negli esami, per mesi bloccati dall’imperversare del Covid-19, e risanare gli organici, costruendo ex novo professionalità sul territorio, incentivando chi è all’opera. Insomma, si doveva “chiudere con il Covid aprendo una nuova stagione a difesa della scelta dei cittadini”. In realtà, per la spesa sanitaria il DEF prevede un calo da 131,7 miliardi di oggi a 130,7 nel 2023 a 128,9 nel ’24 ed una risalita a 129,5 miliardi nel ‘25. Ricordiamo che i valori di questa spesa sono più vicini a dei "pre-consuntivi", e sono cosa diversa dai valori relativi al finanziamento del Fondo sanitario nazionale, che è il preventivo afferente alla parte più importante della spesa. Il Fondo, invece, è previsto in crescita di 2 miliardi l’anno, cioè 124 miliardi nel 2022, 126 nel ’23 e 128 nel ’24. Per il 2021 è stato finanziato per 121,37 miliardi con la legge di Bilancio (in origine il finanziamento previsto era 119 miliardi); tuttavia, a fronte delle spese extra-fondo, per il ’21 era già prevista una spesa di 127 miliardi, che dovrebbe decrescere a 123,6 nel 2022. Di fatto, le maggiori spese sostenute dalle regioni per la pandemia – Toscana, Abruzzo, Puglia, Molise, e Calabria sono andate in rosso – contribuiscono a far lievitare le stime dello sbilancio di quest'anno.
Nel DEF, documento riguardante tutto il quadro economico del Paese, il governo deve tenere fede agli impegni presi con l’Unione Europea al momento di farsi consegnare le somme– in parte a fondo perduto e in parte prestiti– con cui tra le altre cose si ridisegna la sanità all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, da utilizzare tra 2021 e 2025. Quindi deve dare garanzie di rispetto dei bilanci e quindi annuncia un piano di rientro dal debito pubblico, che nel ’21 è salito al 150,8% del prodotto interno lordo e si vorrebbe far scendere al 147% di quest’anno fino al 141% nel 2025. Per tutta la Pubblica amministrazione nel 2023 si vorrebbe veder scendere il disavanzo tendenziale dal 5,1% al 2,7%. Anche la Sanità è coinvolta: nel triennio 2023-25 la spesa è prevista decrescere ad un tasso dello 0,6%. Attenzione, non si tornerebbe a tagliare servizi perché la decrescita è prevista a partire da una crescita del prodotto interno lordo superiore al passato (anche se la guerra in Ucraina ha contribuito a tagliarla abbondantemente). Anzi, in assoluto, per la salute il DEF prevede comunque un’espansione in quanto entreranno a regime i finanziamenti del PNRR. Ma c’è il rischio di fronteggiare gravi rincari energetici per arginare i quali regioni e comuni hanno avuto un acconto di soli 250 milioni: un terzo di quanti gliene servirebbero. Inoltre, della maggior spesa sanitaria non fanno ancora parte tutti i maggiori esborsi sostenuti dalle regioni in pandemia: una per una, i dati li stanno producendo in questa fase e lo sbilancio potrebbe essere più dei 4 miliardi annunciati. Inoltre, Davide Caparini, coordinatore commissione affari finanziari in Conferenza delle Regioni, chiede ulteriori risorse per l’assistenza ai profughi ucraini, per mettere a terra gli investimenti del PNRR, per fronteggiare gli aumenti di costo sopportati dagli enti strumentali, per il trasporto pubblico. E si chiedono regole al governo per la gestione coordinata delle risorse del PNRR. In tutto questo, il tesoretto dello stato è sempre più esiguo: ad esempio quello riscosso con le tasse a causa dell’emergenza Covid-19 e del conseguente impoverimento dell’economia si è ridotto nel 2021 da 20 miliardi a meno di 14. L’entrata in vigore dell’obbligo di lettore bancomat Pos anticipata a luglio 2022 è segno dell’impellenza per il governo Draghi di trovare antidoti all’evasione fiscale.
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