Governo e Parlamento
17 Luglio 2023 Armonizzazione e ampliamento dell’accesso ai canali di vendita dei prodotti per celiaci, semplificazione della pubblicità nel settore delle professioni sanitarie e introduzione di modifiche volte a incrementare la competitività delle gare pubbliche per l’acquisto dei farmaci. Sono queste alcune delle proposte per il settore che l’Antitrust ha avanzato a Governo e Parlamento in tema di Concorrenza
Armonizzazione e ampliamento dell’accesso ai canali di vendita dei prodotti per celiaci, semplificazione della pubblicità nel settore delle professioni sanitarie e introduzione di modifiche volte a incrementare la competitività delle gare pubbliche per l’acquisto dei farmaci. Sono queste alcune delle proposte per il settore che l’Antitrust ha avanzato a Governo e Parlamento in tema di Concorrenza e che sono state diffuse ieri.
Le segnalazioni, ricorda l’Antitrust, sono inviate a Governo e Parlamento in vista della predisposizione del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, che rappresenta “un momento importante dell’attuazione del Piano Nazionale di Ripersa e Resilienza (PNRR), quale fattore essenziale per favorire l’efficienza e la crescita economica del sistema”. Come si ricorderà ad aprile è stato licenziato dal Consiglio dei ministri il terzo provvedimento sulla Concorrenza - che conteneva già alcune misure per il comparto – che dovrà vedere l’iter parlamentare e non è escluso che tali ulteriori indicazioni possano confluire in tali lavori.
In merito ai contenuti, uno degli aspetti affrontati riguarda la pubblicità delle prestazioni sanitarie. Secondo l’Antitrust, l’attuale quadro normativo ha visto una reintroduzione di “limitazioni all’utilizzo della pubblicità nel settore delle professioni sanitarie non motivate né proporzionate all’interesse generale di tutelare il consumatore”. La liberalizzazione che “ha contraddistinto l’evoluzione del settore aveva inteso legittimare l’utilizzo dello strumento pubblicitario”, mentre la normativa attuale “va ad escludere qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo,
e circoscrivere il contenuto legittimo di una comunicazione informativa all’unico fine di garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari rende inefficace lo strumento pubblicitario”.
Per l’Antitrust “non è la pubblicità a dover garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, quanto piuttosto le misure concretamente adottate dai professionisti nell’esercizio della propria attività, misure peraltro imposte dalla disciplina di settore e dalla dovuta diligenza professionale. Inoltre, il riferimento al garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, essendo vago, genera incertezza nei professionisti circa la legittimità dell’impiego dello strumento promozionale”.
A ogni modo, va ricordato che il cosiddetto Decreto Salva infrazioni, all’esame del Parlamento, ha già previsto una modifica riguardante le pubblicità delle prestazioni professionali, con una diversa formulazione. Occorrerà capire quale verrà preferita e se il dispositivo potrà essere eventualmente veicolo della nuova indicazione dell’Antitrust: “i tempi sono piuttosto stretti in quanto il Decreto Legge deve essere convertito in Legge dal Parlamento prima della pausa estiva e gli emendamenti sono già stati formalizzati dalla referente Commissione parlamentare”.
Un altro punto affrontato riguarda l’accesso ai canali di vendita dei prodotti per celiaci. “L’erogazione di tali prodotti” si legge nella proposta “rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e ha visto “l’introduzione di tetti massimi di spesa a livello nazionale in base alla fascia di età e al sesso”. Nel contesto normativo attuale “risultano però sussistere significative differenze tra le Regioni, in relazione alle modalità di accreditamento e di fruizione del contributo pubblico da parte dei soggetti cui venga diagnosticata e certificata la celiachia. In particolare, in alcune Regioni è previsto l’utilizzo di buoni cartacei mensili che vengono forniti dall’Azienda sanitaria locale dietro presentazione del certificato medico; in altre si utilizzano buoni dematerializzati accreditati direttamente sulla tessera; in altre ancora si richiede l’utilizzo della ricetta rossa, mentre in alcune viene fornita in dotazione a tutti i soggetti celiaci una carta magnetica ricaricabile. Le differenze riguardano, in alcuni casi, anche i canali presso i quali tali contributi sono spendibili: in particolare, in alcune regioni, i buoni - siano essi cartacei o digitali - risultano spendibili esclusivamente presso le farmacie (e/o le parafarmacie e/o gli esercizi commerciali specializzati), ma non in altri punti vendita dove sarebbe parimenti possibile reperire i medesimi prodotti. Tra questi, in particolare, i punti vendita della grande distribuzione organizzata (GDO), dove sono presenti, con le rispettive linee di prodotti senza glutine, anche gli stessi operatori della GDO con i propri marchi privati (c.d. private label) e le industrie alimentari. La restrizione dei canali distributivi determina un‘ingiustificata restrizione della concorrenza”, mentre “la possibilità di acquistare tali alimenti presso diversi esercizi commerciali in convenzione - quali, in aggiunta al canale farmaceutico, le parafarmacie, i negozi specializzati e la GDO - costituisce un importante strumento concorrenziale in grado di stimolare una riduzione dei prezzi”.
Come ulteriore riflessione, “appare di fondamentale importanza che si realizzi in tutte le regioni una piena razionalizzazione e informatizzazione delle modalità di accredito del contributo pubblico, tale da garantire sia una rendicontazione trasparente e automatica sia modalità di rimborso agevoli e tempestive per qualunque tipologia di esercizio commerciale”, attraverso “una adeguata razionalizzazione, semplificazione e dematerializzazione delle procedure di accreditamento”. La modifica proposta per altro demanderebbe “al Ministero della Salute il compito di emanare le direttive con le quali autorizzare i fornitori alla vendita dei prodotti per celiaci acquistabili con il contributo del SSN”.
Infine l’ultimo ambito toccato riguarda le misure volte a incrementare la competitività delle gare pubbliche per l’acquisto dei farmaci. “L’obiettivo fondamentale della riduzione del costo delle cure dei farmaci più dispendiosi, specie quelli biologici utilizzati in ambito ospedaliero, è l’aumento dell’accessibilità da parte dei pazienti, che potrebbe essere più agevolmente raggiunto in presenza di un contesto regolamentare che faciliti l’intercambiabilità tra farmaci e la loro comparabilità a fini terapeutici, contribuendo così all’ampliamento del confronto competitivo tra medicinali differenti in sede di gare pubbliche. L’Autorità reitera l’opportunità dell’adozione di una disciplina che faccia leva, anche nel caso dei farmaci biosimilari con principi diversi, sul criterio dell’equivalenza terapeutica. La proposta, pertanto, è quella di eliminare il divieto assoluto, nelle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari, di mettere in gara nel medesimo lotto principi attivi differenti, ma aventi le stesse indicazioni terapeutiche e in relazione ai quali l’AIFA abbia accertato la sovrapponibilità terapeutica”.
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