Oncologia
15 Settembre 2025Nonostante una sopravvivenza a cinque anni superiore al 90%, la malattia continua a rappresentare un importante problema di sanità pubblica: ogni anno si registrano più di 8.200 decessi, un numero destinato a crescere
Sono oltre 485mila gli uomini in Italia che vivono dopo una diagnosi di tumore della prostata. Secondo le ultime stime, i casi aumenteranno dell’1% l’anno fino al 2040. Nonostante un tasso di sopravvivenza a cinque anni superiore al 90%, la malattia continua a rappresentare un importante problema di sanità pubblica: ogni anno si registrano più di 8.200 decessi, un numero destinato a crescere con l’invecchiamento della popolazione.
Il quadro è stato presentato da Fondazione Aiom nel corso di una conferenza stampa. “Quello prostatico è diventato in Italia il carcinoma più frequente tra i maschi – ha ricordato Saverio Cinieri, presidente della Fondazione – con fattori di rischio modificabili legati agli stili di vita, dal fumo all’obesità”.
Tra le iniziative di sensibilizzazione, Aiom ha partecipato al Tour Mediterraneo della nave Amerigo Vespucci insieme a Fondazione Airc e alla Società italiana di radiologia medica e interventistica (Sirm), per diffondere informazioni sulla prevenzione.
Sul fronte clinico, Marco Maruzzo, direttore dell’Unità di oncologia 3 dell’Istituto oncologico veneto, ha sottolineato l’importanza della diagnosi precoce, spesso ostacolata dall’assenza di sintomi nelle fasi iniziali. Le opzioni terapeutiche vanno dalla sorveglianza attiva alla chirurgia, dalla radioterapia alle terapie ormonali di nuova generazione, fino all’associazione con la chemioterapia nei casi più estesi.
L’ereditarietà gioca un ruolo significativo: circa il 10% dei casi ha base familiare. “Attraverso test genetici è possibile identificare varianti patogenetiche, come quelle legate ai geni Brca, e avviare percorsi di monitoraggio e cura mirati”, ha spiegato Nicola Silvestris, segretario nazionale Aiom.
Accanto al lavoro clinico e scientifico, la prevenzione primaria resta centrale. “Ridurre il tabagismo, contrastare obesità e sedentarietà, promuovere attività fisica e corretti stili di vita sono obiettivi fondamentali per contenere l’impatto di una neoplasia così diffusa, che non dispone di programmi di screening organizzato”, ha concluso Cinieri.
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