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26 Settembre 2022 Che sanità sarà quella della coalizione dove Giorgia Meloni ha fatto il pieno di voti? Dopo le scelte del governo Draghi che, tra pandemia e Pnrr, ha indirizzato risorse nuove sul Servizio sanitario nazionale, la linea del futuro governo di Centro-Destra è in gran parte da scoprire
Che sanità sarà quella della coalizione dove Giorgia Meloni ha fatto il pieno di voti? Dopo le scelte del governo Draghi che, pur schiacciato tra lotta al coronavirus e adempimento del cronoprogramma del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha indirizzato risorse nuove sul Servizio sanitario nazionale, la linea del futuro governo di Centro-Destra è in parte da scoprire. I punti del programma condiviso da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati rivelano idee a prima vista sfavorevoli alla privatizzazione del servizio sanitario o alla competizione accentuata tra pubblico e privato. Nel programma comune si parla di sviluppo della sanità di prossimità e della medicina territoriale, di estensione delle prestazioni esenti da ticket, di aumento del personale del servizio sanitario volto anche al ripristino delle prestazioni istituzionali, di recupero degli screening oncologici, di aggiornamento dei piani anti-Covid-19 “senza comprimere le libertà individuali”, di revisione delle regole sull’accesso all’università e riordino delle scuole di specializzazione.
Sulla riforma della medicina territoriale Marcello Gemmato candidato eletto di Fratelli d’Italia ha anticipato qualcosa di più in merito al contrasto alle pandemie ed agli screening. Sotto questo secondo profilo, si parla di «ampliare con provvedimenti specifici l’offerta di indagini diagnostiche in farmacia, a partire dallo screening del sangue occulto nella ricerca dei tumori del colon retto, per proseguire con le indagini di laboratorio e gli elettrocardiogrammi». In uno scenario di potenziamento della sanità pubblica, «la vision di Fdi sulla sanità – spiega Gemmato – punta su un servizio universalistico fondato sui principi dell’articolo 32 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini hanno diritto a pari livelli di assistenza. Certo, bisogna avere un approccio pragmatico. Ci sono casi di sussidiarietà in cui la sanità privata dà tanto al cittadino senza incidere sui bilanci pubblici». Andrea Mandelli, Forza Italia, ha invece sottolineato come è importante che sia i farmacisti sia i medici del territorio nella prospettiva di un’assistenza più capillare restino convenzionati e vicini ai pazienti. «Il medico di medicina generale è figura che va rafforzata, mantenendo la formula della libera professione convenzionata con accordi nazionali e regionali. Gli investimenti dei mmg in personale sanitario e amministrativo e in strumentazioni, nonché il loro crescente coordinamento in team con gli infermieri, i farmacisti e gli altri protagonisti della sanità di prossimità, non possono che essere un vantaggio per i cittadini». Mandelli ha anche sottolineato come sia decisivo «alleggerire gli oneri burocratici che gravano sui medici di famiglia, semplificare la compilazione dei piani terapeutici e dei registri di monitoraggio. In altre parole, liberare ore preziose, perché siano dedicate ai pazienti e non alle carte». Quanto ai 20 miliardi del PNRR di cui 7-8 per il territorio, Mandelli afferma che vanno spesi non solo per costruire case ed ospedali di comunità ma anche «per concretizzare modelli di presa in carico e di assistenza basati sulla prossimità, sulla digitalizzazione e, soprattutto, sulle professionalità». Sul personale, l’imperativo è valorizzare il merito, a partire dall’università.
Sul numero chiuso all’accesso a Medicina in un recente workshop Marta Schifone (FdI) e Andrea Costa sottosegretario alla Salute candidato con Noi Moderati, dicono no. E spiega Costa: «Delegare con atto di meritocrazia ad un quizzone d’ingresso il futuro di un aspirante medico non va bene, meglio creare un percorso che dia al giovane tempo per capire se la scelta fatta è adeguata». Schifone punta poi sulla riforma del sistema dell’emergenza-urgenza, e sulla diminuzione dell’orario in corsia per evitare il burn-out e rischi di sinistri figli del superlavoro. Infine, la questione autonomia per le regioni del Nord. Luca Coletto responsabile sanità della Lega negli incontri con il pubblico ha fatto capire che può coesistere con «una regia più forte a livello centrale (di cui si è sentito il bisogno durante i picchi di Covid-19 ndr). Ma alle regioni deve restare la programmazione, anche dei posti per il personale, è “da vicino” che si sa cosa manca».
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