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27 Maggio 2025

Aids, in due anni +43% nell’uso della Prep in prevenzione

I dati, presentati alla 17esima edizione di Icar, Italian Conference on Aids and Antiviral Research, che si è appena conclusa a Padova, sono accompagnati anche da alcuni problemi ancora da risolvere, come l'ampia difformità dei servizi sul territorio


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In Italia l'implementazione della profilassi pre-esposizione (PrEp) contro l'Hiv, a 2 anni dall'autorizzazione al rimborso Aifa (maggio 2023), ha registrato un incremento straordinario del 43,2%, con 16.220 utenti nel 2024 rispetto ai circa 11.330 dell'anno precedente. I dati, presentati alla 17esima edizione di Icar, Italian Conference on Aids and Antiviral Research, che si è appena conclusa a Padova, sono però accompagnati anche da alcuni problemi ancora da risolvere, come l'ampia difformità dei servizi sul territorio. Vi è inoltre una crescita delle infezioni sessualmente trasmissibili (Ist) e dell'uso di sostanze nelle attività sessuali (chemsex).

Secondo il report congiunto del network Icona e dell'Istituto superiore di sanità - spiega una nota dal congresso - il +43% degli utenti PrEp non è uniforme: se l'Emilia Romagna ha registrato un balzo del 54,7%, e il Friuli Venezia Giulia addirittura del 65,4%, regioni come la Campania (+10%) e la Puglia (0%) restano fanalino di coda, mettendo in evidenza gravi disparità territoriali. La concentrazione dei servizi nei centri Hiv ospedalieri, inoltre, continua a rappresentare un ostacolo all'accesso per le fasce più vulnerabili della popolazione. In particolare, dallo studio PrIde è emerso che la somministrazione della PrEp al di fuori dei centri ospedalieri, come ambulatori e sportelli community-based in varie città italiane, è in grado di attrarre un'utenza più eterogenea, con una maggiore presenza di persone non binarie e transgender, più partecipe alle attività di monitoraggio, con percentuali di risposta ai questionari di aderenza e stigma superiori rispetto ai centri ospedalieri. I partecipanti si sono inoltre dichiarati più soddisfatti del rapporto con gli operatori, confermando l'efficacia di modelli più accessibili e inclusivi, capaci di ridurre le barriere culturali e logistiche. 

Un ulteriore aspetto da considerare riguarda la protezione dal rischio di contagio da Hiv che non deve certamente implicare un allentamento delle altre misure preventive, con il rischio di contrarre altre Ist come sifilide e gonorrea. I dati raccolti dagli studi 'Hiv PrEp and Sti Surveillance: insights from a Tertiary Hiv Unit' (Padova) e 'The need and frequency of Sti testing depends on the lifestyle of the people on PrEp. Data from the PrEP Point Plus (Ppp) in Bologna' sul monitoraggio delle Ist tra gli utenti PrEp indicano che circa un quarto dei partecipanti (25% e 26%) ha contratto almeno un'infezione sessualmente trasmessa nel corso del follow-up. Questo suggerisce l'opportunità di sviluppare un approccio basato non su controlli trimestrali, ma sulla frequenza dei rapporti e sull'uso del profilattico, per personalizzare i controlli e migliorare sia la qualità dell'assistenza che l'uso delle risorse sanitarie.

Lo studio 'Rising chemsex trends among PrEp users in Milan: a 2024-2025 study' di inizio 2025, poi, ha messo in luce un aumento del chemsex. La pratica, che prevede l'uso di sostanze per prolungare o intensificare i rapporti sessuali, ha interessato il 22% degli intervistati, in aumento rispetto al 14% del 2024. Le sostanze maggiormente impiegate nel chemsex includono mephedrone (38%), Ghb/Gbl (22%) e Mdpv (13%). Tale tendenza pone l'accento sulla necessità di integrare nei percorsi di prevenzione, oltre all'offerta di PrEp, anche adeguati servizi di counseling psico-sociale e programmi per la riduzione dell'impatto negativo di queste sostanze sulla salute. 

"I dati proposti a Icar 2025 - afferma Annamaria Cattelan, copresidente Icar - mostrano come un'offerta differenziata dei servizi di erogazione della PrEp, come per esempio le sedi dei check-point o di associazioni locali, possa contribuire alla diffusione della PrEp specie nelle popolazioni difficili da raggiungere. È altresì strategico adottare un approccio integrato che comprenda programmi di formazione del personale dedicato mirati alle conoscenze del chemsex, di eventuali altre pratiche sessuali e del counseling motivazionale al fine di riconoscere e gestire tempestivamente i comportamenti a rischio. Parallelamente, altro passaggio essenziale affrontato a Icar è la discussione sull'adozione di un modello di screening delle Ist che sia flessibile e modulato in base al profilo di rischio di ciascun utente".

Come evidenzia il copresidente Icar, Saverio Parisi, "le infezioni sessualmente trasmesse restano temibili e sono in forte crescita, sia nella popolazione generale che tra le persone con Hiv. È dunque fondamentale ricordare l'importanza di tutti gli strumenti preventivi, a partire dal preservativo. In questo discorso deve rientrare anche una rinnovata attenzione alla prevenzione del Papillomavirus: il vaccino è raccomandato non solo nella popolazione generale in età preadolescenziale, ma anche nelle persone con Hiv per ridurre l'incidenza di lesioni e tumori correlati. Icar 2025 ha rappresentato anche l'occasione per mettere a confronto i modelli virtuosi di alcune città nell'ottimizzazione degli screening e nel garantire percorsi rapidi di avvio al trattamento".

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