Medicina
12 Giugno 2024La sintesi di Luigi Ferini Strambi - ordinario di Neurologia all’Università Vita Salute San Raffaele di Milano e primario del Centro medicina del sonno - è la premessa dell’incontro “Sleeping light. Innovazioni nella gestione dell’insonnia cronica”
«L’insonnia cronica è da considerarsi una malattia a tutti gli effetti, come testimoniato del resto dall’International Classification of Sleep Disorders e dal DSM-5, manuale di riferimento per gli psichiatri di tutto il mondo. E la sua prevalenza si aggira sul 15% della popolazione». La sintesi di Luigi Ferini Strambi - ordinario di Neurologia all’Università Vita Salute San Raffaele di Milano e primario del Centro medicina del sonno presso il medesimo ospedale - è la premessa dell’incontro “Sleeping light. Innovazioni nella gestione dell’insonnia cronica”, organizzato a Milano da Edra con il supporto non condizionante di Idorsia.
«La diagnosi di insonnia cronica», sottolinea Ferini Strambi, «è probabile se, nel paziente, alla difficoltà di addormentarsi si associano sintomi diurni come irritabilità, stanchezza, depressione. Sintomi che assumono la dimensione di patologia se si verificano da almeno tre mesi e almeno per tre volte alla settimana». Manca in Italia, lamenta lo specialista, una conoscenza diffusa della medicina del sonno all’interno della stessa classe medica.
Fisiopatologia e comorbilità
«Esiste una vulnerabilità genetica dell’insonnia cronica», spiega Dario Arnaldi, neurologo dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova, «ma sarebbe sbagliato parlare genericamente di ereditarietà. Anzi il tema riguarda anche i neuropsichiatri infantili, visto che si parla di prenatal stress e di early life stress. Non è raro che i nostri pazienti dichiarino di soffrire di insonnia “da sempre”. Per una diagnosi corretta occorre che siano copresenti tre tipi di fattori: predisponenti, precipitanti, perpetuanti». Negli individui soggetti a insonnia cronica si verifica il fenomeno dell’hyperarousal, cioè dell’iperattivazione del sistema dello stress.
Quello su cui pone l’accento Andrea Fagiolini, psichiatra dell’Università di Siena, è «il diretto rapporto tra insonnia cronica e salute mentale. Del resto, se ci riferiamo al DSM-5, è essa stessa una malattia mentale. Si verifica, dunque, una dinamica bidirezionale, in base alla quale, per esempio, depressione e insonnia, ansia generalizzata e insonnia e così via, si rinforzano a vicenda. Si può tranquillamente affermare che la presenza di insonnia cronica aumenta il rischio di disturbi mentali».
Non molto diverso il discorso in ambito cardiovascolare, come fa notare Carolina Lombardi, responsabile del Servizio di medicina del sonno dell’Auxologico San Luca di Milano: «Tanto chi dorme troppo poco quanto chi dorme in eccesso è un soggetto a maggior rischio di venti cardiovascolari. L’insonnia cronica spesso è associata a scompenso cardiaco e fibrillazione atriale».
Ancora più preoccupante, per certi versi, la questione in ambito neurologico. «Non dormire espone a un maggior rischio di demenze e altre patologie neurodegenerative? La risposta è affermativa, ma va specificato che non solo chi dorme meno di sette ore ma anche chi dorme più di nove corre il medesimo rischio», specifica Alessandro Cicolin, neurologo dell’Università di Torino.
Da non trascurare l’impatto socio-economico dell’insonnia cronica, cui dedica la sua relazione Marco Hafner, economista di Rand Corporation. I costi sono collettivi - in termini di giorni di lavoro persi, di ridotta produttività che si riflette sul Pil nazionale - ma anche individuali, in quanto chi soffre di una patologia così invalidante tende a spendere molto denaro per venirne a capo. «Al di là di ogni altra considerazione, occorrerebbero più numerose campagne di educazione sanitaria per far comprendere ai cittadini l’importanza di quantità e qualità del sonno», auspica Hafner.
Novità in terapia
Una novità farmacologica nella cura dell’insonnia cronica è rappresentata da daridorexant, farmaco approvato in Italia a inizio 2023 e appartenente alla famiglia dei Dora (Dual orexin receptor antagonist). Ne parlano Laura Palagini, psichiatria dell’Ambulatorio di medicina del sonno, Aou Pisana, e Claudio Liguori, neurologo di Roma Tor Vergata. La molecola si dimostra efficace nel regolarizzare il sistema dell’orexina, riducendo il tempo necessario per l’addormentamento e il numero di risvegli durante il sonno; un farmaco ben tollerato che non produce effetti negativi il giorno dopo.
Un’arma terapeutica, dunque, che costituisce un notevole passo avanti rispetto al tradizionale ricorso a benzodiazepine e ad altre tipologie medicinali non privi di effetti collaterali
Giuseppe Tandoi
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