Medicina
20 Settembre 2023 La cefalea come malattia invalidante è sdoganata, ma ora semplificare l’accesso a diagnosi e cura spetta alle Regioni. Che hanno 10 milioni a disposizione in due anni. Lo stanziamento è previsto dalla legge 81/20 che riconosce potenzialmente invalidanti cefalea cronica, o a grappolo, o nevralgiforme unilaterale nonché emicrania cronica ad alta frequenza, o emicrania parossistica cronica, o continua
La cefalea come malattia invalidante è sdoganata, ma ora semplificare l’accesso a diagnosi e cura spetta alle Regioni. Che hanno 10 milioni a disposizione in due anni. Lo stanziamento è previsto dalla legge 81/2020 che riconosce potenzialmente invalidanti cefalea cronica, o a grappolo, o nevralgiforme unilaterale nonché emicrania cronica ad alta frequenza, o emicrania parossistica cronica, o continua. I pazienti possono chiedere la concessione dell’invalidità ad opera della commissione Inps se la loro patologia è diagnosticata da oltre un anno da uno specialista di centri ad hoc.
A marzo sono stati assegnati alle regioni i 5 milioni per il 2023 più 5 per il 2024 da ripartire per creare delle “cinghie” di trasmissione tra medicina del territorio e strutture specializzate così da intercettare i casi prima. Come spiegano il presidente del consiglio regionale del Lazio Antonello Aurigemma e la consigliera Alessia Savo, le regioni per lo più si sono affrettate ad individuare dei centri di riferimento dove vengono somministrati i nuovi anticorpi monoclonali e, rispondendo ad una domanda del Presidente della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee Paolo Calabresi, rivelano di star strutturando percorsi diagnostici più rapidi. «Ma in altre regioni c’è chi attende ancora un anno per arrivare ad una diagnosi», lamenta Lara Merighi, paziente a nome dell’Alleanza Cefalalgici, tra i protagonisti di un forum medici-politici organizzato da Lundbeck. «Altro problema: le carenze d’organico falcidiano ormai anche molti centri cefalee ed i pazienti sono costretti a migrare». Il nomadismo sanitario riguarda metà dei pazienti cefalalgici che girano diverse regioni in cerca di cure adeguate. C’è di più: il 95% dei cefalalgici va incontro ad accessi in pronto soccorso che non danno risposte, ed effettua inutili esami come la RMN. Lo riferisce un’indagine su 150 centri cefalee citata da Piero Barbanti, Associato di Neurologia all’Università San Raffaele di Roma, che sottolinea come il “mal di testa” cronico sia malattia progressiva e tempo-dipendente. Chi lo contrasta subito efficacemente ha più chance di attenuarlo e di evitare in prospettiva l’abuso di analgesici con le sue conseguenze cliniche ed economiche.
«La situazione è migliorata grazie all’arrivo di anticorpi monoclonali. In particolare, eptinezumab endovena (con due possibili dosaggi, 100 e 300 mg) non solo previene successivi episodi di emicrania nell’arco di 3 mesi, ma inizia a funzionare entro 2-4 ore dalla infusione, non mostrando effetti collaterali». «L’anticorpo modula l’attività del neurotrasmettitore CGRP. Ma non tutti i malati hanno risultati totalmente risolutivi, occorre che la ricerca indaghi ancora», spiega Alessandro Padovani presidente della Società Italiana di Neurologia. Che indica tra gli ambiti di ricerca terapie sottocute, meccanismi di resistenza, mix di terapie. Padovani chiede poi uno sforzo per formare sul territorio sia medici specialisti (anche ospedaliero, capaci di agganciare il centro di alta specialità cui fanno riferimento, magari nel corso di televisite) sia medici di famiglia e farmacisti. Obiettivo: velocizzare l’accesso alle cure. Molto è affidato alla realizzazione di équipe multi-professionali nelle case di comunità previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. «Il modello delle case di comunità è essenziale per collegare medici di famiglia ed ospedale, nonché per ovviare alla carenza di figure sanitarie sul territorio a partire dagli infermieri», conferma Alessio Nardini, Direttore generale dell’Unità di Missione PNRR del Ministero della Salute.
«Nella CdC, il medico di famiglia collegato allo specialista ospedaliero consentirà di intercettare rapidamente i bisogni di salute. Stiamo inoltre concludendo al Ministero dell’Economia i riparti con le Regioni, anche sui fondi per la telemedicina e l’assistenza domiciliare, che ci consentiranno di aggiungere 800 mila pazienti nuovi ai 600 mila già seguiti, garantendo la presa in carico da casa del 10% degli over 65 in reti di comunità. Completano il quadro l’aggiunta di 1800 borse per altrettanti nuovi medici di medicina generale e la formazione di 45 mila manager per portare avanti i nuovi modelli di medicina territoriale, nonché l’avvio di una repository centrale con tutti i dati sanitari ed i referti dei cittadini italiani che sarà la base della rivoluzione del Fascicolo Sanitario consultabile da Mmg e specialisti». Nardini sottolinea che in accordo con la commissione europea l’Italia sta rivedendo alcuni target del PNRR selezionati nel 2020 quando le priorità erano diverse da adesso. Dalla rivoluzione territoriale, confermano Guerrino Testa (Commissione Finanze della Camera) e Francesco Saverio Mennini (docente Economia Politica Università Roma Tor Vergata), potrebbero dunque palesarsi i benefici economici dei nuovi trattamenti, più costosi ma capaci di interrompere il flusso di giornate di lavoro perse o mal-lavorate che segna negativamente l’attività dei pazienti più gravi.
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