sanità
10 Aprile 2024Sono quattro milioni gli italiani che convivono con il diabete. Ben un milione non sa nemmeno di averlo. La maggior parte dei pazienti vive nelle città ed è proprio ai nuclei urbani che punta la campagna di informazione, lanciata dalla Federazione delle Società diabetologiche italiane Amd-Sid e dall’Associazione nazionale dei comuni italiani
Sono quattro milioni gli italiani che convivono con il diabete. Ben un milione non sa nemmeno di averlo. La maggior parte dei pazienti vive nelle città ed è proprio ai nuclei urbani che punta la campagna di informazione, lanciata dalla Federazione delle Società diabetologiche italiane Amd-Sid (FeSdi) e dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), dal titolo “Una Persona con diabete non è mai sola...i Sindaci sono con Te”, che ha al centro uno spot per descrivere i bisogni di salute di coloro che sono affetti dalla malattia. Secondo i dati dell’International diabetes federation e dell’Organizzazione mondiale della sanità, a livello globale, si stima che nel 2025 il 65% degli individui con diabete vivrà nelle città, destinati a diventare il 75% nel 2040. Anche il nostro Paese non è indenne dal fenomeno perché oltre la metà della popolazione diabetica abita nei primi cento nuclei metropolitani e il 36% che si concentra in 14 grandi città. È alla prevenzione e all’individuazione precoce dei casi, anche grazie alla collaborazione dei primi cittadini che ora la società civile e la comunità scientifica guarda con attenzione.
“I più alti tassi di prevalenza del diabete e delle sue complicanze – spiega Riccardo Candido, presidente della Fesdi e dell’Associazione medici diabetologi – si registrano nelle periferie dei grandi centri urbani e in altre aree del Paese, dove risiedono fasce di popolazione particolarmente svantaggiate per istruzione e reddito, spesso caratterizzate da abitudini e stili di vita poco salutari. È, pertanto, cruciale intervenire proprio in questi territori, se vogliamo davvero garantire prevenzione a chi non si è ancora ammalato, diagnosi precoce ed equo accesso alle cure a chi la patologia l’ha già sviluppata. In quest’ottica i Comuni diventano partner strategici grazie ai quali sviluppare campagne mirate”.
Fare prevenzione e tutelare la salute dei cittadini è anche una strategia vincente per risparmiare le risorse necessarie alla cura delle malattie. “Il diabete oggi – rammenta Roberto Pella, vice presidente vicario Anci – colpisce il 65% degli individui, ma mi auguro che, attraverso queste campagne, la curva dei casi possa diminuire per far star meglio le persone. Lo dico anche per i bilanci dello Stato e dei Comuni che devono abbattere le spese. A nome dei sindaci, ringrazio la Fesdi per la disponibilità e lo spirito di sacrificio”.
Nonostante l’umanità lungo i secoli passati abbia creato le città come luoghi di aggregazione per vivere meglio insieme agli altri, oggi questi nuclei sono diventati i centri in cui abitano le popolazioni con il maggior numero di patologie. “Il diabete – afferma Andrea Lenzi, presidente dell’Health city institute – è una cartina di tornasole per ciò che causa la “patologia urbana”. L’Unesco mi ha affidato una cattedra per la formazione sulla patologia urbana sottolineando come sia diventata un core business medico, strutturale, sociale e psicologico di importanza globale. Fino a qualche decennio fa, la città era il posto dove tutti volevano vivere. Oggi invece abbiamo costruito un mostro”.
La collaborazione fra comunità scientifica e Comuni è importante per svolgere un’azione più capillare al fine di informare sui rischi legati alla malattia e sui servizi a cui i pazienti possono accedere. “Spesso – osserva Raffaella Buzzetti, presidente eletto della Società italiana di diabetologia – il paziente con diabete viene lasciato solo, ma ciò dipende dalla Regione e dal Comune in cui vive”. Oggi la criticità rilevata dai clinici è l’accesso alle cure e a percorsi multidisciplinari da parte dei pazienti diabetici. In alcune città grandi come Roma, inoltre, la prevalenza del diabete è maggiore in alcune aree più periferiche, come nel quartiere di Tor Bella Monaca, dove la percentuale è sopra il 7%, e minore in altre, come nelle aree a Nord della Capitale dove la percentuale scende al 4%. “La prevenzione – commenta la professoressa Buzzetti – è l’azione cardine nella lotta alla cronicità. La collaborazione con Anci ci permetterà di fare informazione e predizione della malattia, a cominciare dai casi di obesità che rappresenta un fattore trigger del diabete di tipo I”.
Chi rammenta i pericoli legati alla malattia spesso poco osservati in relazione alla causa, è Gerardo De Carolis, coordinatore nazionale dei direttori sanitari, azienda ospedaliera San Camillo Forlanini: “La prima causa di cecità – descrive – è il diabete, la prima causa di insufficienza renale cronica è ancora il diabete. Dobbiamo andare a scovare le persone che ancora non sanno di averlo”. Altra criticità ancora presente nell’offerta assistenziale, è la carenza di team al completo in cui le figure professionali siano attente a tutti gli aspetti della persona con diabete. “La squadra vera – commenta Stefano Inglese, responsabile della progettualità sul diabete di Cittadinanzattiva – è quella di cui si parla nel Piano nazionale del diabete all’insegna della multidisciplinarietà, nonostante ciò, sappiamo quanto il diabetologo sia costretto a fare il team da solo. I messaggi all’interno della campagna – aggiunge – sono tutti interessanti. Le iniziative di comunicazione, se fatte bene, hanno un impatto positivo. L’attivismo da parte della comunità diabetologica è stato sempre presente, ora è indispensabile far coagulare gli sforzi da parte degli altri attori”.
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