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Spesa sanitaria

06 Novembre 2024

Spesa sanitaria, Istat: in crescita quella a carico delle famiglie

Dopo una crescita sostenuta nel triennio 2020-2022, quando la spesa sanitaria del settore pubblico è passata da poco meno di 114,7 miliardi del 2019 a 130,8 miliardi del 2022 a causa della pandemia, nel 2023 si osserva invece un calo dello 0,4% rispetto all'anno precedente 


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Dopo una crescita sostenuta nel triennio 2020-2022, quando la spesa sanitaria del settore pubblico è passata da poco meno di 114,7 miliardi del 2019 a 130,8 miliardi del 2022 a causa dell'emergenza pandemica, "nel 2023 si osserva invece un calo dello 0,4% rispetto all'anno precedente (a 130,2 miliardi)".

Cresce invece la spesa delle famiglie: "Sempre nel 2023, la spesa sanitaria direttamente a carico delle famiglie supera i 40,6 miliardi (+1,7% rispetto al 2022); dopo il calo del 2020, si è registrata una forte ripresa che ha portato la variazione media 2019-2023 a +2,7%". È il quadro tracciato nella documentazione messa a disposizione dal presidente dell'Istat, Francesco Maria Chelli, in occasione della sua audizione in Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato sulla Manovra. Un quadro che vede anche in crescita la quota di italiani che rinuncia alle cure.

Nel 2023, ultimo anno per cui i dati sono disponibili - analizza l'Istat - la spesa corrente per l'assistenza sanitaria sia pubblica che privata ammontava a oltre 176 miliardi di euro, di cui poco meno dei tre quarti a carico delle amministrazioni pubbliche (74,0%), il 23,1% a carico direttamente delle famiglie e il 3% sostenuta dai regimi di finanziamento volontari. Nella relazione di Chelli si cita poi l'indagine 'Aspetti della vita quotidiana' che raccoglie informazioni sulle persone che, pur avendone bisogno, hanno dovuto rinunciare a un accertamento diagnostico o a una visita specialistica, un importante indicatore della qualità dei servizi sanitari. Nel 2023 la quota di persone che hanno rinunciato a curarsi si attesta al 7,6% sul totale della popolazione, questa percentuale era pari al 6,3% nel 2019. Riguardo ai motivi della rinuncia, la quota di quanti hanno rinunciato a causa delle lunghe liste di attesa risulta pari al 4,5% (2,8% nel 2019). Le rinunce per motivi economici riguardano il 4,2% della popolazione, quelle per scomodità del servizio l'1%.

Chelli ha anche spiegato che "la dotazione e l'invecchiamento del personale medico rappresentano criticità per il comparto della Sanità, anche alla luce del futuro aumento della domanda di cure dovuto alla dinamica della popolazione".

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