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31 Gennaio 2023

Payback dispositivi medici, chirurghi e fornitori: a rischio offerta Ssn

Se una mamma dà una paghetta di 50 euro mensili ad un ragazzino per comprare i fumetti e alla fine del mese il ragazzino ha speso 80 euro, la mamma non può dire al figliolo di recuperare almeno metà dei 30 euro spesi in più chiedendoli indietro all’edicolante.  Il ragionamento dell’avvocata Micaela Grandi


Payback dispositivi medici, chirurghi e fornitori: a rischio offerta Ssn

Se una mamma dà una paghetta di 50 euro mensili ad un ragazzino per comprare i fumetti e alla fine del mese il ragazzino ha speso 80 euro, la mamma non può dire al figliolo di recuperare almeno metà dei 30 euro spesi in più chiedendoli indietro all’edicolante.
Il ragionamento dell’avvocata Micaela Grandi, esperta di diritto amministrativo, illustra come la norma sul payback a carico di produttori e distributori –nella fattispecie di dispositivi medici – sia sempre più al centro di critiche. Da otto anni le regioni chiedono indietro ai produttori di medicine, e ora di strumentazione sanitaria e macchine per la diagnostica, la metà dello sforamento di spesa cui sono incorse nel loro bilancio annuale. Tra il 2015 e il 2018 le aziende produttrici di medical device hanno maturato un debito da 3,8 miliardi, pari a metà del loro fatturato (non dell’utile, quindi si taglia una cifra che comprendeva anche il peso delle spese fatte). Sul tema torna un servizio de Le Iene a cura di Marco Funini e Gaetano Pecoraro ricordando che il debito andava ripianato a gennaio di quest’anno, poi il governo ha concesso lo slittamento del termine al 30 aprile. Ma al momento non si profilano ulteriori rinvii o sconti all’orizzonte (senza contare che poi andrà pagata la tranche 2019-22) sicché le 4600 aziende produttrici e fornitrici che impiegano 112 mila operatori in Italia dichiarano di essere in gran parte a rischio di fallimento, se piccole, o di considerare di uscire dal nostro mercato, che in fondo è una piccola fetta, se grandi. La prospettiva sarebbe una tragedia per il Servizio sanitario nazionale, come afferma Marco Scatizzi presidente dell’Associazione Chirurghi ospedalieri. Infatti, la spesa considerata riguarda le strutture pubbliche che hanno bisogno in primo luogo di attrezzatura monouso, teli, siringhe, cateteri, mascherine, e poi di bisturi, dispositivi per sala operatoria, infine macchine per diagnostica. Il privato ha altri criteri di contrattazione. «Se mancasse la fornitura nel pubblico i pazienti andranno nel privato», ma quest’ultimo riuscirebbe a garantire l’offerta di cure? Massimo Rambaldi di Confcommercio Toscana parla di nonsenso giuridico, norma vessatoria che deresponsabilizza le strutture pubbliche che hanno cagionato la maggior spesa. L’azienda, come spiegano i produttori intervistati, non è nemmeno responsabile di quella maggior spesa, che nasce da una gara d’appalto fissata al prezzo più basso in genere dalla centrale acquisti regionale, non c’è mai un margine enorme per chi vende. Inoltre, una volta aggiudicata la gara, non ci si può esimere dal consegnare i dispositivi fino alla fine della durata della fornitura, altrimenti si viene denunciati e segnalati all’Anac, l’Authority Anticorruzione, per interruzione di pubblico servizio. Già ci sarebbero gare che vanno deserte per il timore di non poter sostenere le forniture in certi comparti. Ma con un crollo dei fornitori i prezzi dei beni rimasti sul mercato lieviteranno di un 30-40% e qui rischia l’offerta di tutto il Servizio sanitario ed in primis delle strutture della sanità regionale e quindi delle regioni stesse.

C’è, infine, un aspetto che riguarda le macchine. L’89% delle strutture italiane – si sottolinea nel servizio – utilizza per la diagnostica spesso dispositivi obsoleti, tale è il 70% dei mammografi, l’80% delle RMN, il 50% dell’attrezzatura delle sale operatorie, dice Scatizzi. Il chirurgo Roy De Vita, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, sottolinea come tre regioni – Campania, Lazio e Lombardia – abbiano sforato meno di tutte le altre, mentre sul fronte delle più dispendiose alcune abbiano centrali acquisti con un numero di dirigenti elevato che alla fine comporta un costo aggiuntivo. Una risposta per non avere più maxi deficit nell’approvvigionamento di farmaci e medical device passa anche dall’alleggerimento della macchina amministrativa. Il servizio su: https://www.facebook.com/watch/?v=3007261169583446&ref=sharing 

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