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03 Maggio 2022

Forum Pharma Sif, Magrini: su innovazione e sostenibilità serve rete decisionale Ue-Stato-Regioni


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E’ possibile contemperare l’offerta di farmaci innovativi a tutti coloro che ne hanno bisogno e la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Lo afferma Nicola Magrini DG dell’Agenzia del Farmaco-Aifa al 14° Forum Pharma della Società Italiana di Farmacologia presentato a Roma nella lectio magistralis dal titolo "Innovazione, entità dei benefici e sostenibilità SSN: una equazione risolvibile?" «Il SSN nasce per garantire sostenibilità e gratuità delle cure a livello nazionale, con risorse della collettività, ed offrire il miglior livello qualitativo possibile e secondo i bisogni di ciascuno, senza onere di compartecipazione», spiega Magrini, sottolineando come siano lontani i tempi del ticket e della fascia B dei medicinali, o dei viaggi della speranza. «Ora la sfida è sostenere cure più complesse, ma non c’è una sola strada per facilitare l’accesso ai farmaci innovativi. Occorre cercare tutte le flessibilità contrattuali, tutte le strategie note, integrando gli ecosistemi delle evidenze, le banche dati regolatorie, ed anche quelle delle regioni». 

Nell’introduzione alla lettura il presidente della Società Italiana di Farmacologia Giorgio Racagni evoca una nuova ondata di farmaci estremamente efficaci di sintesi, biotecnologici, gene therapies, e persino terapie digitali, e si chiede se e come potremo registrarli tutti; la risposta di Magrini è che il servizio sanitario nazionale resta sostenibile, benché oggi il sinonimo di “innovativo” per un farmaco sia diventato “altamente efficace” e su target sempre più definiti. E mentre ci sforziamo di valutare l’innovazione, è sempre più difficile verificare quella parte di efficacia dovuta ai farmaci non innovativi. Il panorama globale non è negativo, la spesa sanitaria è stabile da anni, negli ultimi 3 sono diminuiti gli sforamenti regionali da ripianare con il pay back da 2,8 miliardi nel 2020 a 1,9 nel ’21 a 1,6 nel ’22. «Per il 2024, con l'aumento del fondo per gli acquisti diretti e il cambio di ripartizioni rispetto alla spesa farmaceutica convenzionata, si può ipotizzare un pay-back al di sotto del miliardo». In caso di “sostanziale equilibrio” si potrebbe anche pensare di non intervenire sui tetti, «ipotesi su cui bisognerebbe iniziare a lavorare da ora».

Altro punto chiave: essendo il nostro un sistema sanitario regionalizzato, per migliorare l’accesso a nuovi farmaci in breve tempo serve una coerenza tra decisioni a livello centrale e regionali. Sull’uso dei dati Magrini porge una riflessione ampia. Fino al 1962 i farmaci entravano nei prontuari nazionali se non tossici; in seguito furono introdotte le prove di efficacia; all’appropriatezza degli anni Ottanta successe per 20 anni l’evidence based medicine che affondava le radici nei trial clinici ed in studi retrospettivi talora poco fedeli ai profili delle popolazioni vere. Oggi scopriamo con il Covid che esistono altri dati da utilizzare. Magrini cita  le statistiche sui saturimetri, «uno dei grandi progressi che ci hanno consentito di meglio controllare i pazienti Covid a domicilio». In tema di valore dei dispositivi e delle buone pratiche, sottolinea come gli Usa abbiano istituito accanto alla FDA una nuova agenzia per valutare l’innovazione, l’ARPA. Ancorché con una dotazione di solo 1 miliardo di dollari contro i 50 dei National Health Institutes per i trial, la nuova agenzia dimostra l’importanza di avere tanti dati.

Il DG Aifa non si risparmia una riflessione su come l’Agenzia ha gestito le autorizzazioni nel Covid-19. «Abbiamo erogato vaccini che hanno il 95% di efficacia nel prevenire le forme gravi, attenendoci a standard aggiornati e buoni trial; credo che anche su AstraZeneca abbiamo ragionato in base alle evidenze disponibili». Adesso Aifa mira a costruire studi indipendenti –c’è un bando da 10 milioni– e si vorrebbe mettere a confronto gli anticorpi monoclonali somministrati ai malati a grave rischio e l’antivirale nirmatrelvir+ritonavir per profilare l’utilizzo. Magrini evoca una rete di istituti per mettere insieme «dati di sperimentazioni, linee guida, health technology assessment, e generare quelle evidenze su cui si decide l’autorizzazione di un farmaco, ma anche il suo prezzo». Anche sul meccanismo di fissazione dei prezzi il compito va condiviso con le regioni: ieri un prezzo era destinato a restare identico per anni, oggi per i farmaci innovativi si parte dall’assunto che i dati di real world evidence potranno cambiarli, ma nulla esclude una flessibilità nuova. Magrini ricorda come in Egitto, paese dove l’epatite C ha una prevalenza del 10%, il prezzo del Sofosbuvir sia stato contrattato su una base da 84 dollari contro 142 mila per ciclo iniziale negli Usa. Per affrontare il cambiamento nei grandi servizi sanitari ci vogliono tanti dati e velocità nel processarli, condivisione tra vari attori e velocità nel prendere decisioni. Di qui il “recupero” delle regioni. Inoltre, «potrebbe essere un bene unificare le commissioni che presiedono in Aifa all’autorizzazione in commercio ed alla fissazione dei prezzi sostenuti dal Ssn per le terapie». 


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