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29 Settembre 2023

Master universitari e lauree magistrali, ecco i lavori del futuro in ambito sanitario

Data manager, Clinical Research Associate, Clinical Project Manager, responsabile di farmacovigilanza: riguardano la ricerca importanti sbocchi, non solo per i laureati in medicina ma anche per infermieri con laurea triennale o magistrale. Tuttavia, mai come quest’anno, per medici e professionisti sanitari, si assiste al fiorire di master in organizzazione sanitaria


Master universitari e lauree magistrali, ecco i lavori del futuro in ambito sanitario

Data manager, Clinical Research Associate, Clinical Project Manager, responsabile di farmacovigilanza: riguardano la ricerca importanti sbocchi, non solo per i laureati in medicina ma anche per infermieri con laurea triennale o magistrale. Tuttavia, mai come quest’anno, per medici e professionisti sanitari, si assiste al fiorire di master in organizzazione sanitaria, di I livello per chi ha la laurea breve e di II livello per chi ha la laurea magistrale (ma possono essere ammessi talora, secondo ordinamenti universitari, anche professionisti con laurea breve).
Restando sulle 22 professioni sanitarie con diploma universitario, uno sguardo alle nuove proposte: si va dal master di 1° livello per infermiere di famiglia e comunità dell’Università di studi internazionali di Roma, al master di 1° livello della Liuc di Castellanza su management e funzioni di coordinamento, al master di 2° livello su umanizzazione e gestione del SSN di Udine. Costi: fra 2 e 12 mila euro. Di spicco anche master che hanno a che vedere con la riabilitazione, dall’anziano all’età evolutiva, dall’infortunio dell’atleta al recupero del ballerino e del cantante. I temi proposti sono per lo più organizzativi e gestionali: prossimi, almeno in apparenza, ai contenuti offerti al 4° e 5° anno di studi nelle lauree magistrali per i professionisti sanitari. Ci sono poi corsi di nicchia, nuovi. Meno in risalto, a parte l’Infermiere di famiglia e comunità, master che offrono contenuti disciplinari e di approfondimento clinico. Nel frattempo, si sono tenuti gli esami di ammissione ai corsi delle cinque classi di laurea magistrale ammesse per le professioni sanitarie: infermieristica-ostetrica, della riabilitazione, tecnico assistenziale, tecnico-diagnostica e della prevenzione. I posti in palio per i bienni sono 3700 (+506 sul 2022), di cui 1900 per infermieri ed ostetriche (ma le regioni reclamavano un fabbisogno di 10 mila nuove figure). Le richieste censite dalla Conferenza nazionale delle professioni sanitarie ammontano a 15.509 “aspiranti” totali, con un aumento del +6,3% rispetto al 2022, anno in cui si era registrato un +14% dopo il calo del 10% nel ‘21. E se tra gli infermieri la richiesta per la laurea breve continua a contrarsi, per la magistrale c’è un lieve incremento: con 12.126 pretendenti (contro 11.583 di un anno fa), ne passerà uno su cinque. Boom anche nell’area della prevenzione, +30%, dopo l’apertura dei corsi per tecnici ad hoc nelle Isole, a Palermo e Cagliari. Va infatti detto che i corsi magistrali preparano a funzioni sia di coordinamento sia di docenza della disciplina esercitata. I master invece indirizzano indifferentemente al pubblico ed al privato, ed alcuni per lo più ad aziende private operanti nella sanità o nel socio-sanitario. Ma in che misura il giovane neolaureato preferisce il master alla laurea magistrale?

«I master non sono stati regolamentati con Decreti come i percorsi universitari previsti dal nostro ordinamento, ovvero laurea breve, laurea magistrale e laurea magistrale a ciclo unico. Ma sono stati comunque disciplinati», spiega Angelo Mastrillo segretario della conferenza nazionale delle professioni sanitarie. «A fine 2018 tra ministero dell’Università, ministero della Salute, rappresentanti delle 22 professioni e conferenza stato-regioni sono state definite, in base alla legge 43 del 2006, 90 tipologie di corso di master, frequentabili con il diploma di 1° livello (laurea breve) e suddivise in tre sottotipi: 67 master specialistici che sviluppano le competenze della sola professione cui fanno riferimento; 18 interprofessionali che riguardano più di una professione sanitaria e temi di integrazione; 8 trasversali che riguardano contenuti prevalentemente organizzativo-gestionali, di didattica e ricerca. L’aver superato i master specialistici, in particolare, secondo l’indirizzo del comitato di settore inserito nel contratto del comparto, è requisito chiave per il conferimento dell’incarico di professionista specialista, che almeno sulla carta implica riconoscimenti in busta paga. Ma attenzione: il documento sui master auspicava che i corsi fossero attivati solo da università con facoltà di medicina e corsi di laurea triennale e magistrale. Inoltre, non dovevano interessare università telematiche, ed era raccomandato agli atenei –non obbligatorio– attenersi ai titoli definiti dal Documento dell’Osservatorio Permanente. Solo ove necessario, si potevano aggiungere ulteriori declinazioni per indicare specificità. Di anno in anno la conferenza avrebbe suggerito aggiustamenti sulla base dell’esperienza degli atenei». Per Mastrillo, i titoli di master che si leggono oggi rivelano che «in parte, complici pandemia e blocco delle lezioni, l’impianto del 2018 non è stato realizzabile. E l’impressione è che alcuni master, più che intercettare le professioni sanitarie del futuro, coprano nicchie di attività e numeri piccoli di candidati: esaurite le richieste, difficilmente il corso si sostiene per sempre. Occorrerebbe recuperare lo spirito originario del documento, specie in una fase in cui riprende l’attenzione dei professionisti sanitari verso percorsi di studi e di carriera più gratificanti».

TAG: MASTER, SANITà

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