Intervista
10 Maggio 2022Non è un ospedale di donne per sole donne, ma piuttosto un termometro della qualità della ricerca, della prevenzione, dell’assistenza. Parliamo del Women’s Hospital, un ospedale del futuro che prende forma anche in Italia in tempi di Recovery Plan, che è un po’ la realizzazione concreta della legge sulla medicina di genere. A farci capire come nasce, Carla Vittoria Maira, vicepresidente della Fondazione Atena Onlus, con cui nel 2015 ha promosso insieme al Ministero della Salute la Giornata Nazionale della Salute della Donna, occasione per organizzare il 22 aprile di ogni anno, in tutta Italia, iniziative volte a mettere in prima linea l’interesse per la medicina di genere e per la salute delle donne in particolare. Professionista, volontaria da più di 20 anni nel mondo della sanità, divulgatrice nel mondo delle neuroscienze ed organizzatrice di oltre 150 eventi in ambito scientifico e di prevenzione che hanno raggiunto molte decine di migliaia di donne, Maira è tra i principali artefici del progetto Atena Together, lanciato per i prossimi 2 anni, che in base ad un protocollo d’intesa tra Atena Donna, il Ministero della Giustizia e il DAP, prevede attività di screening anche per le donne ristrette nelle case circondariali.
Ad Atena Donna si deve anche la proposta di istituire centri di ricerca dedicati alla donna, che abbiano verso i pazienti –senza alcuna discriminazione– un approccio rispettoso dei temi di genere e molto orientato alla prevenzione, trascurata in questi anni a seguito della pandemia che ha causato un preoccupante rallentamento nell’attuazione dei programmi di screening.
Cos’è esattamente il Women’s Hospital?
«Si tratta di una struttura di prevenzione e cura il cui obiettivo è orientare l’attenzione alle specificità delle patologie nell’ambito delle diversità di genere, di cui spesso le sperimentazioni cliniche non tengono conto, malgrado gli aspetti biologici che definiscono il genere siano determinanti per la salute e non possano mai essere trascurati. In altri termini, l’approccio alla salute della donna nelle comunità riflette la qualità dell’approccio alla salute dell’intera popolazione. Ci sono per l’appunto strutture già operative nel mondo che applicano questo cambio di paradigma. All’estero, un esempio è il Brigham and Women’s Hospital a Boston, molto orientato alla terapia di patologie che si presentano soprattutto nelle donne. Come naturale continuazione del nostro interesse verso la salute delle donne, nel 2021 abbiamo promosso l’idea di un Women’s Hospital a Roma, la cui proposta è stata inserita sulla piattaforma per il Futuro dell’Europa, coordinata dalla professoressa Paola Severino. Rispetto a questo modello avanzato, il dibattito che abbiamo contribuito a sollevare in Italia ha trovato allineati mondo medico ed istituzioni sull’opportunità di avviare delle strutture dove ci sia attenzione per come le diverse patologie colpiscono le donne, nonché sperimentazioni che utilizzino protocolli sensibili alle specificità di genere».
La legge sulla medicina di genere di cinque anni fa in Italia viene applicata, e se sì in che misura?
«La legge del 2017 ha compreso il cambio di paradigma in atto, in un contesto in cui la donna è stata da sempre svantaggiata nella tutela della sua salute, e ha allargato la concezione della malattia al femminile. Il Women Hospital nei suoi principi, e la possibilità di applicare alla donna le conoscenze acquisite in questa complessa materia, sarebbe difficile da realizzare se, al di là dello sforzo culturale di associazioni come la nostra, non ci fosse alle spalle la nuova normativa».
Le donne medico di Anaao Assomed bocciato l’ospedale per com’è ora, non è a misura né loro né dei pazienti… e delle pazienti. Che ne pensa?
«Oggi le donne medico stanno acquisendo crescente rilevanza negli ambienti di lavoro in Sanità e nella ricerca ed assistenza, ma a tale crescita non corrispondono realizzazioni in termini di responsabilità ed acquisizione di ruoli apicali».
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