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Governo e Parlamento

13 Luglio 2023

Autonomia differenziata, il comitato Clep perde 4 membri. Che succede ora

Autonomia regionale non in bilico, ma sempre più divisiva. A tre mesi dalla sua istituzione, il Comitato per la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Clep) voluto dal ministro delle riforme Roberto Calderoli ha perso 4 dei 61 membri


Autonomia differenziata, il comitato Clep perde 4 membri. Che succede ora

Autonomia regionale non in bilico, ma sempre più divisiva. A tre mesi dalla sua istituzione, il Comitato per la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Clep) voluto dal ministro delle riforme Roberto Calderoli ha perso 4 dei 61 membri. E sono dei “top player”: due ex presidenti della Consulta quali Giuliano Amato e Franco Gallo, l’ex ministro per la Funzione Pubblica e padre del decentramento Franco Bassanini, e Alessandro Pajno, già presidente del Consiglio di Stato. I quattro giuristi hanno scritto a Calderoli e a Sabino Cassese, costituzionalista che guida il Clep, spiegando perché “non ci sono più le condizioni” per una loro partecipazione ai lavori. Il motivo? Cassese e Calderoli sarebbero freddi rispetto a loro rilievi essenziali.

I rilievi di Amato & co - Se tutti convengono che prima di definire i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) occorre valutare quali livelli di prestazioni il Paese è in grado di finanziare, sia a livello nazionale sia “regionalizzabili”, solo i “quattro” sostengono che a fare da zoccolo duro devono essere i Lep per assicurare l’esercizio dei diritti civili e sociali, da non subordinarsi ai Lep per materie diverse. La spesa per questi livelli di prestazione non si può abbassare in quanto atta a garantire il superamento dei gap tra residenti nelle diverse regioni nel godere delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali. Ergo, se non si determinano tutti i Lep a partire da questi, non ci sono le condizioni per devolvere ulteriori funzioni dallo stato alle regioni. Inoltre, i dimissionari sostengono che la valutazione complessiva dei Lep che il Paese è realmente in grado di finanziare spetta al parlamento, in quanto sono le due camere a scegliere dove allocare le risorse pubbliche.

Lep determinanti ma non decisivi – Ma perché si parla tanto di Lep anche se determinarli non è decisivo nell’attribuzione dell’autonomia alle regioni “mature”? L’antefatto è che la bozza Calderoli mira a trasferire poteri – in temi come sanità, istruzione, lavoro, formazione, tutela dell’ambiente – dallo stato alle regioni in massimo 23 materie oggetto di legislazione concorrente ai sensi della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001. Ad oggi, il ddl non dice se le regioni rese autonome potranno avere anche più soldi per gestire le materie devolute, trattenendo una parte delle imposte pagate allo stato. Nel 2017, in ogni caso, Lombardia e Veneto hanno chiesto di gestire tutte le materie devolvibili, l’Emilia-Romagna 15, il Piemonte 12. Liguria e persino Puglia e Campania hanno chiesto materie tutte per sè. Non è una questione di latitudine, la “maturità”. Per contro, l’iter per rendere autonoma una regione è affidato a singole intese con il governo, prima delle quali vanno definiti, quest’anno, i livelli essenziali delle prestazioni, da passare come set minimo in tutta la Penisola, incluse quelle di servizio sanitario e servizi sociali. Se si sforano i tempi, sarà istituito un commissario. E se non si arriva a una quadra entro l’anno, i Lep si decidono in base alla spesa storica. I quattro giuristi però qui sottolineano che “la spesa storica riflette le disuguaglianze territoriali (esistenti ndr) nel godimento dei diritti fondamentali”.

Che succede ora - In questi mesi sforzi nel Clep di sforzi ne sono stati fatti. Cassese ha istituito un sottogruppo per individuare i Lep anche nelle materie non ricomprese tra quelle devolvibili alle regioni. Ma questo sottogruppo rischia di non ricevere dalle regioni risposte nei tempi richiesti dalla riforma. I quattro giuristi avevano proposto di rimettere mano al testo della bozza Calderoli, ma la risposta è stata negativa. Avevano chiesto allora di individuare dei contenuti non negoziabili a monte delle intese tra stato e regioni singole ma hanno riscontrato freddezza. Infine, trovano problematico disporre un’autonomia tributaria per le regioni “mature” tale da prevenire ripercussioni sulle disponibilità delle altre. Morale: i quattro continueranno a lavorare ed a fornire il loro apporto, ma fuori dal Clep.

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