Governo e Parlamento
12 Aprile 2023 Favorire la ripresa della crescita economica, contenere l’inflazione, sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e consentire un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, a valere sul periodo maggio-dicembre. Sono questi alcuni degli obiettivi dichiarati dal Consiglio dei Ministri
Favorire la ripresa della crescita economica, contenere l’inflazione, sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e consentire un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, a valere sul periodo maggio-dicembre. Sono questi alcuni degli obiettivi dichiarati dal Consiglio dei Ministri, che ieri ha dato l’ok al Documento di economia e finanza 2023.
Intenzione del Governo è ridurre ulteriormente il cuneo fiscale “con un provvedimento di prossima attuazione” come misura di sostegno dei salari, a favore in particolare dei lavoratori con redditi medio bassi. Dovrebbero essere tre i miliardi che verranno utilizzati e che saranno ricavati dalle politiche di deficit. “Il Governo conferma gli obiettivi di indebitamento netto in rapporto al PIL già dichiarati a novembre nel Documento Programmatico di Bilancio (DPB), ossia 4,5% per quest’anno”, a fronte di “una stima di deficit tendenziale per l’anno in corso pari al 4,35% del PIL”. Questo “permetterà di introdurre un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi a valere sull’anno in corso”. La misura si colloca sulla scia dell’ultima legge di Bilancio, che aveva confermato per il 2023 il taglio di due punti della contribuzione per i redditi fino a 35mila euro lordi e aveva raggiunto i tre punti per quelle fino ai 25mila. L’intervento sul cuneo fiscale era costato circa 4,2 miliardi di euro e ora si aggiungono altri tre miliardi di euro per sette mesi, da maggio a dicembre.
A ogni modo, complessivamente “si prevede un andamento discendente della pressione fiscale che dovrebbe passare dal 43,3 nel 2023 al 42,7 per cento entro il 2026”.
Secondo il Ministero dell’economia, il Def, non ancora circolato in bozza, nel momento in cui questa testata chiude, “tiene conto di un quadro economico-finanziario che, nonostante l’allentamento negli ultimi tempi degli effetti negativi derivanti dalla pandemia e dal caro energia, rimane incerto e rischioso a causa della guerra, di tensioni geopolitiche elevate, del rialzo dei tassi di interesse ma anche per l’affiorare di localizzate crisi nel sistema bancario e finanziario internazionale. In questo contesto, l’economia italiana continua a mostrare una dose di resilienza e vitalità. Il 2022 si è chiuso con il Pil in aumento del 3,7 per cento e, nonostante il rallentamento congiunturale della seconda metà dell’anno, i più recenti indicatori, tra cui gli indici di fiducia di famiglie e imprese, segnalano che nei primi mesi del 2023 l’economia del Paese ha ripreso a crescere”.
Alla luce di questo, obiettivi prioritari, si legge nella nota del Consiglio dei Ministri, “la riduzione graduale, ma in misura sostenuta nel tempo, del deficit e del debito della pubblica amministrazione in rapporto al prodotto interno lordo (PIL)”.
Nel 2022, è l’analisi, “il rapporto debito/PIL è risultato pari al 144,4 per cento, 1,3 punti percentuali inferiore rispetto alla previsione del Documento programmatico di Bilancio di novembre. Una diminuzione che, coerentemente agli obiettivi indicati nello scenario programmatico, continuerà progressivamente a scendere nel 2023 al 142,1 per cento, nel 2024 al 141,4, a 140,9 nel 2025, fino a raggiungere il 140,4 per cento nel 2026”. In generale, “per il Governo, si prevede come obiettivi di indebitamento nello scenario programmatico 4,5 per cento nel 2023, 3,7 per cento nel 2024, 3,0 nel 2025, fino al 2,5 nel 2026. Riguardo al deficit tendenziale il DEF prevede il 4,35 per cento nel 2023, il 3,5 nel 2024, il 3,0 nel 2025 e il 2,5 nel 2026”.
Questo secondo il Governo “creerà uno spazio di bilancio di circa 0,2 punti di Pil, che sarà destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, al finanziamento delle 'politiche invariate' a partire dal 2024 e alla continuazione del taglio della pressione fiscale nel 2025-2026”.
Mentre in merito al Pil, “nello scenario tendenziale a legislazione vigente, il PIL è previsto crescere dello 0,9 per cento nel 2023 (programmatico all’1 per cento) ― dato rivisto al rialzo in confronto al DPB di novembre, in cui la crescita del 2023 era fissata allo 0,6 per cento ― dell’1,4 per cento nel 2024 (programmatico all’1,5 per cento) dell’1,3 per cento nel 2025 e dell’1,1 per cento nel 2026 (stesse percentuali nel programmatico). La stima per il 2024 viene pertanto rivista al ribasso (dall’1,9 per cento) in confronto allo scorso novembre. La proiezione per il 2025 è in linea con il DPB, mentre la decelerazione prevista per il 2026 è dovuta a prassi metodologiche concordate a livello di Unione europea”. Infine, "il Governo è al lavoro per ottenere la terza rata del Pnrr".
Quanto alle ipotesi relative alle modalità di riduzione del cuneo fiscale restano quelle già anticipate. A tendere, l’obiettivo a fine legislatura è quello di arrivare a introdurre in modo graduale una flat tax per tutti (autonomi, dipendenti, pensionati). Ma nella fase transitoria, un primo step, potrebbe essere, dal prossimo anno, il passaggio da 4 a 3 aliquote Irpef, con l’accorpamento della seconda e terza fascia di reddito (quelle tra 15 mila euro e 50 mila euro) e una rimodulazione. Le ipotesi circolate vedono come aliquote 23%, 27% e 43% oppure 23%, 33%, 43%.
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