Farmaci
09 Maggio 2023 Tra l’amoxicillina che non si trova in farmacia e le “falle” nella legislazione regolatoria italiana c’è un nesso: i costi delle materie prime e dell’energia, amplificati dall’inflazione hanno fatto crescere le spese di produzione delle industrie per una media del 40% e produrre farmaci a basso prezzo, stando nei costi concordati con l’Aifa, è diventata una missione talora impossibile
Tra l’amoxicillina che non si trova in farmacia e le “falle” nella legislazione regolatoria italiana c’è un nesso: i costi delle materie prime e dell’energia, amplificati dall’inflazione hanno fatto crescere le spese di produzione delle industrie per una media del 40% e produrre farmaci a basso prezzo, stando nei costi concordati con l’Aifa, è diventata una missione talora impossibile. All’incontro “L'economia della sanità, l'economia per la salute” organizzato da Health and Science Bridge al Centro Studi Americani con Edra e coordinato da Beatrice Lorenzin, due importanti interventi – del presidente di Farmindustria Marcello Cattani e del presidente di Federfarma Marco Cossolo – sottolineano quanto sia da cambiare il sistema regolatorio nostrano. «A fronte dell’aumento dei costi per l’industria l’Aifa nel 2022 ha imposto un ritocco verso il basso dell’1% dei prezzi dei farmaci. In questo modo si è perso l’obiettivo di essere dalla parte del cittadino e di aiutare lo sviluppo strategico nazionale» dice Cattani. «Occorre passare da una logica del risparmio ad una di investimento, in cui si tiene conto dei benefici economici prodotti dalle guarigioni dei pazienti in termini di minore assenza dal lavoro e maggior produttività». Cattani sottolinea anche come siano obsoleti gli attuali tetti di spesa e il payback. Finché i 900 milioni di avanzo annuo della spesa farmaceutica per acquisti diretti saranno non reinvestiti ma usati per ripianare la spesa farmaceutica convenzionata, finché le industrie saranno costrette ai ripiani – 1,8 miliardi la previsione per il prossimo anno – l’Italia che produce farmaci non potrà essere al passo di un settore produttivo che va a velocità impressionanti. «Tra 2023 e 2028 usciranno moltissimi dei 20 mila principi attivi oggi in fase di sviluppo, per i quali c’è un investimento globale da 1600 miliardi di dollari, serve una nuova visione del rapporto tra pubblico e privato e servono regole nuove per chi investe sulla salute».
In sintonia, il presidente di Federfarma Marco Cossolo sottolinea come ci siano tre meccanismi antidiluviani nell’attuale governance della spesa farmaceutica: primo, la convenzione delle farmacie con queste ultime pagate in percentuale sul prezzo del medicinale, e l’Italia unica rimasta in Europa ad adottare questa remunerazione. Secondo, la suddivisione dei tetti di spesa, che sfavorisce la farmaceutica convenzionata – cioè il territorio - scesa al 7% della spesa sanitaria pubblica e super-controllata nei flussi prescrittivi e di dispensazione laddove appare senza freni la spesa farmaceutica per acquisti diretti perché i farmaci innovativi costano sempre di più; terzo meccanismo arcaico, che spiega perché la spesa per acquisti diretti delle Asl continui a crescere, l’obbligo di pay-back per le industrie in caso di sforamento del tetto di spesa che incentiva la regione ad andare in deficit perché la metà di quel deficit lo paga l’industria.
Tra i vari interventi dei politici presenti alla tavola rotonda da citare un importante passaggio di Francesco Boccia (Pd) in tema di autonomia differenziata; Boccia ritiene un errore il non aver affidato al Parlamento le decisioni sui livelli essenziali delle prestazioni in sanità: potrebbe aver svantaggiato le regioni più povere. «Da ministro furono le Regioni a dissuadermi dall’introdurre in conferenza il tema dei livelli essenziali delle prestazioni da offrire ai pazienti; in sanità il dibattito era puntato sui livelli essenziali di assistenza poiché questi ultimi erano tutto sommato terreno di contrattazione tra i governatori». Per il senatore, dopo 22 anni alcuni effetti del federalismo sono difficilmente modificabili. «Se io parto dalla Puglia per curarmi a Milano consento alla Regione Lombardia di avere un "segno positivo” in bilancio; se però un player di sanità privata lombardo apre una filiazione in Puglia i cittadini pugliesi si trovano di fronte limitazioni nel budget annuale che la Regione ha a disposizione per le prestazioni. Ridiscutere i LEP a livello nazionale darebbe chance ad investitori privati in altre parti del paese e sarebbe un’operazione vincente per tutta Italia».
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