Intervista
05 Agosto 2022 «L’attuale contesto richiede ulteriori e nuove riflessioni da cui partire per definire come configurare la presa in carico del malato oncologico che ha sempre visto l’ospedale come punto di riferimento ma la pandemia ha reso meno accessibili i reparti specialistici». Ecco perché al malato oncologico può giovare un nuovo modello di presa in carico misto, territorio-ospedale. È quanto spiega, a Sanità33, Luigi Cavanna
«L’attuale contesto, legato alla pandemia di Covid-19, richiede ulteriori e nuove riflessioni da cui partire per definire come configurare la presa in carico del malato oncologico che ha sempre visto l’ospedale come punto di riferimento ma la pandemia ha reso meno accessibili i reparti specialistici». Ecco perché al malato oncologico può giovare un nuovo modello di presa in carico misto, territorio-ospedale. È quanto spiega, a Sanità33, Luigi Cavanna, Presidente del Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (CIPOMO), che ha collaborato alla produzione del documento OncoCare 2.0 dedicato all'oncologia di prossimità, un volume edito da Edra in collaborazione con Sandoz. Si tratta dell'aggiornamento del documento uscito due anni fa, necessario perché, «l’oncologia è in costante evoluzione e con essa stanno cambiando le modalità di assistenza, anche a causa della pandemia», spiega Cavanna.
L’emergenza sanitaria ha portato «alcune attività che si svolgevano in ospedale sul territorio». La storia naturale del cancro è notevolmente cambiata nell’ultima decade, con un aumento della sopravvivenza anche per pazienti con forma avanzata/metastatica della malattia. Tuttavia, «sono ancora numerosi gli ostacoli che deve affrontare un malato di tumore, ostacoli di natura economica, sanitaria, sociale, psicologica e anche familiare». Cavanna pare dalla constatazione dell’esistenza di «tipologie di pazienti oncologici molto diversi e, di conseguenza, con bisogni eterogenei ma affrontati tutti in ospedale, sia per un motivo legato all’opportunità di definire una nuova organizzazione che sia più appropriata, ergonomica ed efficace». Attualmente, le tipologie di pazienti oncologici sono: pazienti in fase acuta in trattamento attivo, pazienti guariti, pazienti in follow up, pazienti in cui la malattia si è cronicizzata. «Tutti questi pazienti, con bisogni estremamente diversi, hanno come unico riferimento l’Oncologia ospedaliera, in un momento in cui l’ospedale è sempre più una struttura per patologie acute e una struttura legata a prestazioni di elevata qualità svolte in tempi brevi», chiarisce il medico.
Ecco perché, come viene sostenuto anche all’interno del fascicolo OncoCare 2.0, l’intero Sistema assistenziale deve essere ritarato in una logica che ottimizzi le esperienze vissute, individui ed elabori le criticità con la finalità di ridisegnare un orizzonte più adeguato a fornire risposte più adeguate ai cittadini, in particolare ai malati oncologici. Per consentire ciò, un grande aiuto arriva anche dai finanziamenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). «Una grande opportunità – sottolinea Cavanna – ma che non deve essere sprecata. Si corre il rischio che queste risorse vengano disperse per costruire o per investimenti che poi non servono veramente ai pazienti. Questo è un errore che non possiamo permetterci». In conclusione, «C'è bisogno delle risorse del PNRR a patto però che vengano destinate in modo oculato e soprattutto vi sia una verifica di investimento in risposta ai cittadini, dalla prevenzione alla guarigione da un lato, o dalla prevenzione alla palliazione dall’altra, restando in ambito oncologico».
Il fascicolo è scaricabile a questo link.
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