Governo e Parlamento
18 Aprile 2023 Ancora una volta il Def ignora le criticità attuali del Servizio Sanitario Nazionale. È il pensiero di Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione GIMBE di fronte alle previsioni di spesa sanitaria in Italia sino al 2026 contenute nel Documento di programmazione economico finanziario 2023 varato l’11 aprile scorso dal consiglio dei ministri
Ancora una volta il Def ignora le criticità attuali del Servizio Sanitario Nazionale. È il pensiero di Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione GIMBE di fronte alle previsioni di spesa sanitaria in Italia sino al 2026 contenute nel Documento di programmazione economico finanziario 2023 varato l’11 aprile scorso dal consiglio dei ministri. Osservando il documento si hanno due inquietanti conferme: la pandemia non ha insegnato molto sullo stato della nostra sanità, anzi restano tutte le criticità che compromettono il diritto costituzionale alla tutela della salute. «Interminabili liste di attesa costringono a ricorrere al privato, aumentano la spesa out-of-pocket e impoveriscono le famiglie, sino alla rinuncia alle cure; diseguaglianze regionali e locali nell’offerta di servizi e prestazioni determinano migrazione sanitaria, inaccessibilità alle innovazioni, sino alla riduzione dell’aspettativa di vita», scrive Cartabellotta.
A titolo di premessa riportiamo i conti del governo sul 2022: la legge di bilancio approvata dal governo Draghi a Capodanno 2021 prevedeva per il Fondo sanitario nazionale una spesa di 124 miliardi, ma non bastavano, nel Def 22 per fronteggiare la pandemia e le epidemie da malattie non trattate causa ospedali occupati per Covid erano saliti a 131,7 miliardi e la nota di aggiornamento di autunno portava la stima a 133,9 miliardi. A consuntivo però i fantasmi si sono dileguati: il Def 2023 riporta una spesa sanitaria pubblica di 131,1 miliardi, cioè 2,8 in meno delle previsioni, pari al 6,9% del prodotto interno lordo, non distante dalle “linee” del governo Draghi. Riportiamo poi i trend dell’impatto della spesa sanitaria sul Pil dal 2022 (giunto a consuntivo) in poi fino al 2026: da 131,1 miliardi dell’anno scorso, si punta una spesa di 136 miliardi per questo 2023 (10 miliardi in più della previsione della Finanziaria di Draghi) pari al 6,7% del Pil; nel 2024, con una previsione di spesa di 132,7 miliardi (3,3 miliardi secchi in meno del 2023, -2,4% del Fondo sanitario) l’impatto sul Pil sarà del 6,3%. Stimando poi un aumento del Pil nel 2025 e 2026 si arriva per entrambi gli anni a previsioni del 6,2% del Pil con aumenti a 135 miliardi nel ’25 e a 138,4 nel ’26.
Per questo 2023, Cartabellotta avverte: «Il roboante incremento di oltre 4 miliardi di euro è solo apparente: oltre due terzi (67%) costituiscono un mero spostamento al 2023 della spesa sanitaria prevista nel 2022 per il rinnovo contrattuale del personale dirigente; inoltre secondo l’ISTAT ad oggi l’inflazione acquisita quest’anno si attesta a +5%, valore superiore all’aumento della spesa sanitaria che, invece, si ferma a +3,8%». Quanto al triennio 2024-2026, a fronte di una crescita media annua del PIL nominale del 3,6%, il Def 2023 stima la crescita media della spesa sanitaria allo 0,6%. «Non si coprirà nemmeno l’aumento dei prezzi – spiega Cartabellotta – sia per l’erosione dovuta all’inflazione, sia perché l’indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all’indice generale di quelli al consumo». Dunque, «le previsioni del Def 2023 sulla spesa sanitaria 2024-26 certificano evidenti segnali di definanziamento: e il 2024, lungi dall’essere l’anno del rilancio, fa segnare un -2,4% che dissolve ogni speranza di nuove risorse per la sanità nella prossima Legge di Bilancio».
In conclusione, almeno tre indizi nel Def 2023 fanno pensare ad una sanità trascurata. Intanto, nel 2026, il rapporto spesa sanitaria/PIL è previsto al 6,2%, sotto il 2,4% del '19, anno che tramontò su un paese impreparato alla pandemia; in secondo luogo, la crescita media della spesa sanitaria tra 2024 e 26 è prevista ad appena un sesto della stima della crescita media del Pil; infine, nel Def appena varato «non si fa alcun cenno alle risorse necessarie per abolire gradualmente il tetto di spesa per il personale sanitario e per approvare il “decreto tariffe” sulle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di protesica: due priorità assolute per rilanciare le politiche del capitale umano e garantire a tutti i “nuovi” Livelli Essenziali di Assistenza e l’accesso alle innovazioni. Programmi e numeri del DEF 2023 confermano che, in linea con gli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta una priorità politica neppure per l’attuale Esecutivo». Cartabellotta ricorda che la Fondazione Gimbe ha elaborato un piano di rilancio del SSN dove si chiede di allineare per il 2030 il finanziamento pubblico per la sanità alla media dei paesi europei, «per garantire l’erogazione uniforme dei livelli essenziali di assistenza, l’accesso equo alle innovazioni e il rilancio delle politiche del personale sanitario».
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