payback
27 Novembre 2024"Il payback non grava soltanto sulle nostre aziende, ma sull'indotto di un'intera filiera che genera un contributo al Pil e all'occupazione ben al di sopra del semplice fatturato. È pertanto indispensabile lavorare a una nuova governance che preveda la cancellazione del payback”. A sottolinearlo il presidente di Confindustria dispositivi medici
"Per ogni miliardo di euro perso a causa del payback dovremmo rinunciare a 860 milioni di euro di Pil e al lavoro a tempo pieno di circa 9mila persone. Il payback non grava soltanto sulle nostre aziende, ma sull'indotto di un'intera filiera che genera un contributo al Pil e all'occupazione ben al di sopra del semplice fatturato delle nostre aziende. È pertanto indispensabile lavorare a una nuova governance del settore, che preveda la cancellazione del payback”. A sottolinearlo il presidente di Confindustria dispositivi medici, Nicola Barni, all'evento 'Competitività e dispositivi medici: quale futuro?', nell'ambito del Forum risk management di Arezzo.
“È urgente” ha aggiunto, “non solo per le imprese, ma per la tenuta di tutto il Servizio sanitario nazionale. Payback, sostegno alla formazione medico-scientifica, contributo dello 0,75% e tempi e costi di conformità che continuano a crescere con l'entrata in vigore dei regolamenti Mdr e Ivdr: sono la tempesta perfetta per l'industria dei dispositivi medici e per la competitività delle imprese italiane in Europa e nel mondo".
"Il payback è un problema che abbiamo ereditato, siamo intervenuti lo scorso anno con il Mef” aveva detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci nel corso dello stesso evento. “Stiamo parlando con le organizzazioni di categorie per cercare di trovare una soluzione, andando incontro soprattutto alle aziende più piccole rispetto alle multinazionali
"Non possiamo continuare a sacrificare il futuro delle nostre imprese e del nostro Paese sull'altare di tetti di spesa irrealistici e di meccanismi finanziari insostenibili” ribadisce Barni. “La cancellazione del payback deve essere il primo passo verso una nuova governance del settore, che preveda tetti di spesa adeguati alla media europea del 7%; una visione sistemica del comparto che comprenda a pieno le conseguenze industriali derivanti da ogni modifica all'assetto regolatorio e post-regolatorio; una programmazione sanitaria orientata alle patologie, per garantire l'allocazione efficiente delle risorse; un Health technology assessment (Hta) integrato e rapido, per facilitare l'accesso alle innovazioni che migliorano realmente la qualità della vita dei pazienti. Il Piano nazionale Hta, promosso da Agenas, rappresenta un'opportunità unica per creare un modello più equo e sostenibile, ma può funzionare solo se viene accompagnato da politiche industriali che sostengano il settore. L'Italia ha le competenze, le tecnologie e le risorse per essere protagonista in Europa. Ora serve un quadro normativo chiaro e stabile che consenta alle aziende di pianificare, investire e innovare".
"Non possiamo ignorare - ha concluso Barni - le contraddizioni di un sistema che da un lato ambisce a promuovere l'innovazione, ma dall'altro impone regole che penalizzano proprio le aziende che questa innovazione la producono. Il payback è il simbolo di una politica miope che rischia di soffocare uno dei settori più strategici per la salute pubblica e per l'economia del nostro Paese. Nel panorama globale, la competizione tra Europa, Stati Uniti e Cina si gioca sul terreno dell'innovazione. Mentre Usa e Cina accelerano gli investimenti strategici in ricerca e sviluppo, l'Europa rischia di perdere il suo vantaggio competitivo, soprattutto in settori chiave come la salute e le tecnologie mediche. Se Stati Uniti e Cina investono con decisione nella costruzione di ecosistemi favorevoli all'innovazione, attirando talenti e capitali, l'Europa deve ancora affrontare rigidità normative, ostacoli burocratici e politiche di spesa che spesso penalizzano settori ad alto valore aggiunto come quello dei dispositivi medici".
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