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08 Maggio 2024

Biotech in crescita. Le competenze necessarie e le opportunità nel settore

C’è un settore produttivo dove una moltitudine di aziende è pronta ad investire su giovani laureati per far ricerca su farmaci, vaccini, test di laboratorio, tecnologia biomedica, in un contesto dove servono learn agility, flessibilità e voglia di imparare. Si tratta del biotech. I dati e gli interventi presentati alla convention “Costruire il futuro, il ruolo del biotecnologo” tenuta al Mind di Milano da Federchimica Assobiotec con la partnership di Edra ed ITT Biomed


Biotech in crescita. Le competenze necessarie e le opportunità nel settore

C’è un settore produttivo dove una moltitudine di aziende è pronta ad investire su giovani laureati per far ricerca su farmaci, vaccini, test di laboratorio, tecnologia biomedica, in un contesto dove servono learn agility, flessibilità e voglia di imparare anche competenze finanziarie. Si tratta del biotech, un campo dove l’eccellenza caratterizza la maggior parte dei corsi universitari. Il valore di questo settore lavorativo emerge dalla tavola rotonda che ospita i suoi rappresentanti, come Giorgia Iegiani, presidente dei biotecnologi italiani, Elena Peron, Talent acquisition & Talent management lead d Sanofi, Arianna Farella (Adecco), Daniela Bellomo Direttore Business Development and technology transfer all’Ospedale San Raffaele e Clelia Peano, Head of National Facility for Genomics dell’Human Technopole. In genere il problema, per i giovani incerti se scegliere o meno una strada nel biotech, è dove e come immaginarsi al lavoro dopo la laurea. In realtà, se il percorso per mettere a punto le proprie competenze è lungo e un po’ si modifica per strada, di chance di riuscita ce ne sono per tutti, e iniziano presto. Chi apprende “biotech” non solo fa scoperte (dai telomeri in chiave anti-invecchiamento ai coloranti “bio” per food ed esami biochimici) ma mette a sistema le conoscenze che impara, sa “connettersi” con altre professionalità, non è mai solo. Lo confermano le storie di giovani ricercatori come Alessio Lanna (ora docente all’UCL di Londra!), Laura Gerosa, Antonio Idà, alla convention “Costruire il futuro, il ruolo del biotecnologo” tenuta al Mind di Milano da Federchimica Assobiotec con la partnership di Edra ed ITT Biomed.

Tutto il mondo punta il “biotech”. A livello globale nel 2021 valeva 720 miliardi di euro ma nei prossimi 8 anni è atteso triplicare il valore. Se gli Stati Uniti hanno il 60% del mercato mondiale, Unione Europea e Cina se la battono intorno all’11-12%, ma la Cina ha un piano di sviluppo imponente, come del resto l’India. Il problema a livello comunitario, come spiega Fabrizio Greco, presidente Federchimica, è che i paesi si muovono da soli per fare ricerca. Bruxelles ha avviato il programma STEP (Piattaforma Tecnologie Strategiche per l’Europa) che mette a disposizione degli stati membri fondi su tecnologie digitali e ad altissimo contenuto tech (inclusa la difesa); tecnologie pulite ed energie rinnovabili; ed appunto biotecnologie. Il problema per l’Italia è il trasferimento tecnologico; le idee ci sono, i capitali UE sono in arrivo, l’intreccio tra i due ingredienti no. «Serve formare i ricercatori, quindi metterli in condizione di trasformare le loro idee», dice Greco. «Non bastano le pubblicazioni scientifiche, occorre fare cose trasferibili nell’industria, puntare sul trasferimento tecnologico». In una parola, gli “aggregatori”.

Uno è il MIND, il Distretto dell’Innovazione di Milano, dove sorge l’Human Technopole il cui Consiglio di Sorveglianza ha deliberato a realizzazione di cinque Piattaforme Nazionali. Come spiega Peano, si tratta di facility infrastrutturali messe a disposizione della comunità nazionale di ricerca su genomica, editing genomico, biologia strutturale, microscopia ottica e gestione ed analisi dati. Offrono accesso a progetti globali, e a studi su grandi numeri di pazienti per la medicina personalizzata. Bellomo testimonia invece come dall’IRCCS San Raffaele siano partiti progetti di ricerca, quasi tutti biotech, che hanno consentito di rendere più indipendente la ricerca italiana: oggi la struttura ha almeno 8 brevetti in portafoglio e 550 dati in licenza ad aziende. Ha inoltre creato un ecosistema di conoscenze, dove il singolo ricercatore parla liberamente delle sue scoperte, dei suoi successi e dei suoi insuccessi, sapendo che troverà un aiuto per crescere, e svilupperà anche competenze finanziarie.

Il peso crescente della Lombardia nel biotech italiano è un tema nel tema. La Regione da tempo cerca di ottimizzare i suoi investimenti in ricerca e ha fatto un uso importante dei fondi europei. Grazie ad essi, spiega l’assessore all’Università Alessandro Fermi, nei prossimi 5 anni in regione gli investimenti – dove il biotech ha una parte determinante – saranno doppi rispetto a quelli del precedente quinquennio. Ma Fermi annuncia anche due misure imminenti per mettere in connessione le imprese lombarde, spesso medio-piccole, da una parte con le start-up nascenti o appena nate ad opera di giovani imprenditori, e dall’altra con la ricerca universitaria. Sotto il primo profilo stanno per essere definiti incentivi ad adottare start-up sulla base delle affinità: le PMI da una parte trarrebbero vantaggio dalla ricerca dei nuovi venuti e dall’altra ne aiuterebbero l’aggancio al mercato. In parallelo, arriva un investimento sulle università affinché si dotino di laboratori, macchinari e centri di ricerca da mettere a disposizione di aziende che fanno fatica a finanziare le fasi sperimentali da sole. 

TAG: BIOTECH, EVENTI, MIND

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