Europa
23 Dicembre 2022 La legislazione che vieta la pubblicità dei medicinali basata sui prezzi, su offerte promozionali o su vendite combinate di medicinali è compatibile con il diritto dell'Unione europea. Contenuti pubblicitari di questo tipo, favoriscono l'uso irrazionale dei medicinali e devono essere vietati dagli Stati membri. È quanto ribadisce in una sentenza la Corte di giustizia dell'Ue
La legislazione che vieta la pubblicità dei medicinali basata sui prezzi, su offerte promozionali o su vendite combinate di medicinali e di altri prodotti è compatibile con il diritto dell'Unione europea. Contenuti pubblicitari di questo tipo, infatti, favoriscono l'uso irrazionale dei medicinali e devono essere vietati dagli Stati membri. È quanto ribadisce in una sentenza la Corte di giustizia dell'Ue, chiamata in causa da un giudice alle prese in Lettonia con una controversia aperta da un'azienda farmaceutica del Paese. Sul tavolo la direttiva 2001/831 che armonizza le disposizioni sulla pubblicità dei medicinali, subordinandola a condizioni, restrizioni e divieti allo scopo di assicurare la tutela della sanità pubblica.
Nel dettaglio, il giudice ha interrogato la Corte Ue sull'interpretazione da dare alla nozione di 'pubblicità dei medicinali' ai sensi di questa direttiva, e se questa comprendesse anche la pubblicità di medicinali indeterminati, cioè la pubblicità di medicinali in generale o di un gruppo di medicinali non identificati.
Alla Corte viene richiesto anche se il divieto previsto da una disposizione nazionale lettone riguardo alla pubblicità mediante i prezzi e relativa a offerte promozionali o a vendite combinate di medicinali e di altri prodotti sia compatibile con la direttiva in questione.
A rivolgersi alla giustizia aprendo il caso è stata l'azienda 'Euroaptieka', società a responsabilità limitata lettone che esercita un'attività farmaceutica. Nel 2016, l'Ispettorato della sanità pubblica lettone le ha vietato di diffondere una pubblicità relativa a una vendita promozionale di medicinali, sulla base della disposizione nazionale. Nel 2020 la Euroaptieka ha proposto un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte costituzionale lettone, contestando la legittimità della disposizione nazionale in questione alla luce della direttiva 2001/83. Da qui il quesito posto dal giudice alla Corte Ue.
Nella sua sentenza pronunciata in data odierna, la Corte, riunita in Grande sezione, afferma che la nozione di pubblicità dei medicinali comprende qualsiasi azione d'informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di un medicinale determinato o di medicinali indeterminati. La direttiva 2001/83 definisce infatti tale nozione in modo molto ampio, come comprensiva di "qualsiasi" azione di informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, inclusa, in particolare, la "pubblicità dei medicinali presso il pubblico".
Inoltre, se la pubblicità di medicinali indeterminati fosse esclusa dall'ambito di applicazione della direttiva 2001/83, i divieti, le condizioni e le restrizioni che essa prevede in materia di pubblicità a causa dei rischi che possono derivare da un uso eccessivo e sconsiderato di medicinali sarebbero in larga parte privati del loro effetto utile e l'obiettivo essenziale di assicurare la tutela della sanità pubblica perseguito da tale direttiva sarebbe ampiamente compromesso.
Nel caso specifico, la Corte ritiene che la diffusione di informazioni che incoraggiano l'acquisto di medicinali, giustificandone la necessità mediante il prezzo, annunciando un'offerta promozionale o facendo riferimento a una vendita combinata con quella di altri medicinali o prodotti, come quella vietata dalla disposizione nazionale contestata dinanzi al giudice del rinvio, abbia una finalità promozionale. E questa diffusione di informazioni rientra di conseguenza nella nozione di pubblicità dei medicinali, a parere della Corte, anche qualora tali informazioni riguardino medicinali indeterminati.
Per quanto riguarda poi la compatibilità di una simile disposizione nazionale con la direttiva 2001/83, la Corte rileva che la pubblicità dei medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili, più specificamente coperti dalla disposizione nazionale chiamata in causa, è in linea di principio autorizzata da tale direttiva. Ma gli Stati membri devono tuttavia vietare, al fine di evitare il sorgere di rischi per la sanità pubblica, qualsiasi contenuto pubblicitario che sia tale da favorire l'uso irrazionale di questi medicinali.
La Corte ricorda, al riguardo, che la pubblicità dei medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili può esercitare un'influenza particolarmente rilevante sulla valutazione e sulla scelta operate dai consumatori finali, riguardo tanto alla qualità del medicinale quanto alla quantità da acquistare. Inoltre, pubblicità del tipo citato possono indurre i consumatori finali ad acquistare e a consumare tali medicinali sulla base di un criterio economico, senza che sia effettuata una valutazione oggettiva fondata sulle loro proprietà terapeutiche e su esigenze mediche concrete. Contenuti pubblicitari del genere assimilano inoltre i medicinali ad altri prodotti di consumo, che sono generalmente oggetto di sconti e riduzioni di prezzo.
Secondo la Corte, la pubblicità mediante i prezzi e relativa a offerte o a vendite combinate di medicinali e di altri prodotti incoraggia quindi l'uso irrazionale ed eccessivo dei medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili. Ora spetterà al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte (decisione che vincola anche altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile).
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