Pharma
14 Settembre 2022 Una carta d’identità intelligente che sostituisca anche codice fiscale e Spid: è la svolta –forse obbligata– che potremmo vedere presto nei nostri documenti. A originarla, la grave crisi internazionale delle materie prime che attanaglia pure la produzione di microchip. Ne parla Gianluca Polifrone
Una carta d’identità intelligente che sostituisca anche codice fiscale e Spid: è la svolta –forse obbligata– che potremmo vedere presto nei nostri documenti. A originarla, la grave crisi internazionale delle materie prime che attanaglia pure la produzione di microchip. Ne parla Gianluca Polifrone, autore per Edra del volume “Sanità digitale: inizia la rivoluzione? Riflessioni sulla sanità che vorrei”, in un articolo sul Tempo. L’antefatto è che i microchip si fabbricano per lo più a Taiwan e in Cina, e la Cina (produttore chiave di terre rare per l’elettronica) reclama Taiwan, il che può originare un conflitto con Usa ed Occidente. Alternative? Una piccola quota di microchip si fabbrica altrove, specie in Sud Corea. La domanda oggi supera di molto l’offerta, i costi lievitano, nel mondo è difficile aggiornare auto e telefonini e in Italia è difficile aggiornare le tessere. Dal 1° giugno, una nota del ministero dell’Economia ammette che la tessera sanitaria può essere emessa d’ora in poi con o senza il componente elettrico. Il Ministero ha anche chiesto agli italiani di conservare le tessere non ancora scadute dotate di chip: chi si ritrovasse senza chip potrà estendere con un’app a tutto il 2023 le funzionalità della carta intelligente che ha in scadenza. Le conseguenze di tale novità, e qui si inserisce l’intervento di Polifrone, consolideranno disparità già esistenti lungo la Penisola. Il percorso della tessera sanitaria intelligente, infatti, inizia nel 2004 quando si passò dal codice sulla carta plastificata al tesserino con microchip che, in uno scenario ipotetico, s’immaginava potesse contenere tutti i dati sanitari del cittadino nonché inserirsi in architetture digitali di servizi non sanitari. All’atto pratico, alcune regioni decisero di farsi da sé l’architettura del sistema d’accoglienza dati informatico ed altre si affidarono al livello decisionale centrale. «Dal 2004 ad oggi – sottolinea Polifrone – quel microchip che ha rappresentato per le casse pubbliche la parte più costosa per produrre la tessera sanitaria, è vuoto, ad eccezione di qualche regione che ha provveduto a farlo ma senza avere standard nazionali che permettessero l’interoperabilità con le altre aree del Paese».
C’è di più. Il regionalismo esasperato (che durante il periodo pandemico ha mostrato i limiti organizzativi di alcuni modelli sanitari regionali) ha influito negli anni anche sul Fascicolo sanitario elettronico. I fondi europei del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza su questa voce specifica arriveranno se, entro la fine del 2025, il suddetto fascicolo sarà alimentato dall’85% dei medici di base e se entro giugno 2026 sarà adottato da tutte le Regioni. Ebbene: pur avendo accresciuto l’utenza negli ultimi 2 anni, il Fascicolo non è oggi in genere adeguatamente implementato. Per Polifrone, servirebbe «portare all’archivio digitale una mole impressionante di dati. Inoltre, stante la vastità di informazioni per ogni cittadino sarà assolutamente necessario dare maggior peso ad un profilo sanitario sintetico dove sono raccolte informazioni sanitarie, questo sì utile per operatori dell’emergenza». Per ottenere la rivoluzione necessaria, dovremmo iniziare «a pensare allo Stato come coordinatore primo e garante ultimo della omogeneità dei processi sanitari. Per far ciò è necessario dotarsi di strumenti egualmente diffusi sul territorio e realmente in grado di contenere i dati sensibili dei cittadini». Ancora poco diffusa e spesso non semplice da ottenere nei comuni, la Carta d’Identità Elettronica (tessera che non rientra tra gli strumenti privabili di microchip, ndr) riporta sia codice fiscale sia il microchip «che paradossalmente anche in questo caso è vuoto: è diventato una sorta di documento utile giusto per i check-in negli alberghi o in aeroporto. L’identità digitale è invece garantita dallo Spid o dalla Carta Nazionale dei Servizi». Stante la crisi mondiale nella produzione del microchip, la Carta d’identità elettronica, riportando su di sé il Codice fiscale, potrebbe prendere il posto della tessera sanitaria, e riportando nel chip password, username e domicilio digitale di ogni cittadino utente, potrebbe superare anche lo Spid. «Questa diventerebbe l’infrastruttura tecnologica centrale, su supporti già esistenti, che si alimenterebbe proprio attraverso quella carta d’identità elettronica oggi inutilizzata».
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