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07 Agosto 2025

Demenza, Univr unico ateneo italiano nel consorzio internazionale Demon-Sdod

L’Università di Verona entra nel consorzio internazionale Demon – Deep dementia phenotyping – Social determinant of dementia, unica istituzione italiana coinvolta nella rete di ricerca globale sulla demenza


demenza medico

L’Università di Verona entra nel consorzio internazionale Demon – Deep dementia phenotyping – Social determinant of dementia, unica istituzione italiana coinvolta nella rete di ricerca globale sulla demenza. L’obiettivo del gruppo è promuovere un cambio di paradigma nella comprensione e gestione di questa patologia, che oggi colpisce oltre 55 milioni di persone nel mondo, integrando fattori clinici, biologici e, soprattutto, determinanti sociali.

Il consorzio punta ad ampliare lo sguardo oltre il cervello, includendo condizioni ambientali, qualità dell’abitare, disuguaglianze sociali e altri fattori spesso trascurati, ma potenzialmente rilevanti per la salute cognitiva. Stefano Tamburin ed Elisa Mantovani, della sezione di Neurologia B diretta da Michele Tinazzi e afferente al dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’Ateneo scaligero diretto da Corrado Barbui, sono i ricercatori italiani coinvolti. Tamburin e Mantovani hanno contribuito alla recente revisione della letteratura pubblicata su Alzheimer’s & Dementia, una delle riviste internazionali più autorevoli nel settore. L’analisi conferma il ruolo di fattori già noti come istruzione, status socioeconomico e inquinamento, ma segnala anche l’urgenza di studiare meglio contesti ancora poco esplorati, come le condizioni abitative e la detenzione. Gran parte dei dati proviene da Paesi ad alto reddito, mentre restano carenti le evidenze nei contesti più fragili, dove la prevalenza della demenza è in aumento.

Secondo la Società italiana di neurologia, in Italia si contano circa 600.000 persone affette da demenza. Sul piano terapeutico, i nuovi farmaci biologici approvati dall’Ema, come lecanemab e donanemab, offrono qualche speranza, ma i ricercatori invitano alla prudenza: l’efficacia è limitata, la gestione clinica complessa, e l’accesso ai trattamenti non sarà garantito ovunque. Per questo motivo, evidenziano Tamburin e Mantovani, la prevenzione rimane la strategia prioritaria. Agire su fattori di rischio modificabili come fumo, diabete e isolamento sociale può ridurre significativamente l’incidenza della malattia. Ma è necessario anche intervenire sui determinanti “a monte”, non modificabili a livello individuale, bensì attraverso politiche pubbliche: qualità dell’aria, assetto urbano, equità abitativa. Il gruppo di Verona sta organizzando una sessione dedicata al prossimo Aruk meeting nel Regno Unito per coinvolgere nuovi partner. Obiettivo a breve termine: la costituzione di una task force europea sui determinanti sociali della demenza.

TAG: DEEP DEMENTIA PHENOTYPING, DEMENZA, DEMON, UNIVERSITà DI VERONA

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