Progetto DEEstrategy
19 Dicembre 2025Continuità di cura, multidisciplinarietà e rete territorio-ospedale al centro del confronto tra istituzioni, clinici e associazioni. Gli esperti: “Un’architettura replicabile per altre patologie complesse”

Costruire un modello strutturato e omogeneo di transizione dall’età pediatrica a quella adulta nelle malattie rare, capace di garantire continuità assistenziale lungo tutto l’arco della vita. È l’obiettivo al centro dell’incontro “Regione Lazio – Continuità di cura nelle malattie rare: il Lazio costruisce il modello di transizione”, che si è svolto il 18 dicembre a Roma, presso il Centro Studi Americani. L’evento, organizzato da Edra S.p.A. con il supporto non condizionato di UCB Pharma, ha riunito istituzioni, clinici, associazioni dei pazienti e professionisti sociosanitari. Sul fronte organizzativo, il rafforzamento della presa in carico è visto come una leva di sostenibilità. “Il vero obiettivo deve essere quello di non far sentire mai il paziente solo”, ha affermato Roberto Poscia, responsabile del Centro Interdipartimentale Malattie Rare del Policlinico Umberto I. “Percorsi chiari, continui e riconoscibili migliorano gli outcome clinici e rendono il sistema più efficiente. Rafforzare il ruolo dei case manager e l’integrazione ospedale-territorio significa semplificare concretamente la vita delle famiglie”.
Al centro del confronto il modello DEEstrategy, dedicato alle Encefalopatie dello Sviluppo ed Epilettiche (DEEs) e coerente con il Piano Nazionale Malattie Rare 2023–2026. Un documento operativo che individua strumenti concreti per affrontare uno dei passaggi più critici nella presa in carico: la transizione pediatrico-adulta, spesso segnata da frammentazione dei percorsi, discontinuità terapeutica e perdita dei riferimenti multidisciplinari. Il Lazio, per la presenza di numerosi Policlinici e IRCCS e per una distribuzione territoriale complessa, rappresenta un contesto particolarmente significativo. Non a caso la Regione si candida a laboratorio nazionale, puntando su protocolli regionali di transizione, figure dedicate di case manager, indicatori di qualità e una più forte integrazione tra ospedale e territorio. “Come Consiglio regionale non faremo mai mancare il nostro supporto a iniziative di confronto serio e costruttivo, finalizzate a migliorare i modelli di presa in carico e la transizione delle cure”, ha dichiarato Antonello Aurigemma, presidente del Consiglio regionale del Lazio. “L’integrazione tra ospedali, centri di riferimento e servizi territoriali rappresenta una delle sfide centrali per il futuro della sanità, soprattutto nel campo delle malattie rare”. Secondo Francesco Pisani, il valore aggiunto del documento sta nella sua struttura di base: “Questo modello rappresenta davvero una matrice, un’architettura che può essere estrapolata a molte altre malattie rare neurologiche complesse in ambito pediatrico. La transizione non è una tappa puntuale, ma un processo che va sostenuto e accompagnato. Applicarlo solo ad alcune patologie creerebbe disparità: la sfida è costruire equità e inclusione, garantendo a tutti una transizione personalizzata”.
Dal punto di vista clinico, la complessità delle DEEs impone un cambio di paradigma. Carlo Di Bonaventura, del Policlinico Umberto I, ha sottolineato come “nelle malattie rare ad altissima complessità vada rimessa al centro la persona, non solo la patologia”. Centrale, ha spiegato, “la formazione del personale medico sulla traiettoria specifica di malattia e l’adozione di un modello biopsicosociale che integri aspetti biologici, clinici e familiari, fino ad arrivare alla medicina delle 4P: preventiva, predittiva, partecipativa e personalizzata”.
Un contributo operativo arriva anche dagli strumenti clinici previsti dal modello. “La personalizzazione della cura passa innanzitutto da una definizione precisa della malattia e delle sue comorbidità”, ha evidenziato Federico Vigevano, tra gli autori del documento DEEstrategy. “Strumenti come l’Acute Seizure Action Plan permettono di garantire continuità terapeutica anche nelle situazioni di emergenza, soprattutto per i pazienti che vivono lontano dai centri di riferimento”.
Fondamentale anche il contributo delle associazioni dei pazienti, considerate una bussola per orientare le politiche regionali. “Il tema centrale per pazienti e famiglie non è la transizione in senso amministrativo, ma la continuità di cura”, ha ricordato Katia Santoro, presidente dell’Associazione Famiglie LGS Italia. “Nel passaggio all’età adulta spesso vengono meno i team multidisciplinari costruiti in età pediatrica, lasciando le famiglie sole ad affrontare una gestione complessa”. Sulla stessa linea Fabio Amanti, presidente della Consulta Malattie Neuromuscolari: “Come associazioni siamo pronti a collaborare attivamente con le istituzioni, portando criticità e proposte. La transizione riguarda anche il passaggio dall’ospedale al territorio: lavorare insieme può permettere di costruire un modello di rete realmente omogeneo e replicabile in altre Regioni”.
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