Farmaci
09 Maggio 2023 In vista del potenziamento della sanità territoriale previsto dal decreto 77 e dal Piano di Ripresa e Resilienza, i servizi farmaceutici delle Asl vanno potenziati. Questo, in vista della presa in carico di patologie “dismesse” dall’ospedale e in particolare delle cronicità, che richiedono percorsi di integrazione tra farmacisti ed altri professionisti sanitari, nonché dialogo tra farmacista ospedaliero e territoriale
In vista del potenziamento della sanità territoriale previsto dal decreto 77 e dal Piano di Ripresa e Resilienza, i servizi farmaceutici delle Asl vanno potenziati. Questo, in vista della presa in carico di patologie “dismesse” dall’ospedale e in particolare delle cronicità, che richiedono percorsi di integrazione tra farmacisti ed altri professionisti sanitari, nonché dialogo tra farmacista ospedaliero e territoriale. È il senso del messaggio del presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti Andrea Mandelli agli Stati generali della professione farmaceutica e territoriale indetti dal sindacato Sinafo e dalla società scientifica Sifact a Roma. Un messaggio che si scontra con un quadro normativo arcaico e con la carenza di farmacisti dipendenti del servizio sanitario nazionale. Al congresso di Roma è emerso ad esempio che, sebbene l’operatività richiesta rispettivamente in Asl ed ospedale ai farmacisti SSN sia differente, la carenza di personale in alcune regioni fa sì che uno stesso dirigente farmaceutico in un giorno svolga ore in ospedale e ore sul territorio, per due aziende diverse, supervisionato dalla Regione a dispetto del fatto che le leggi 483/97 e 405/01 prevedano servizi molto differenti. Sinafo e Sifact chiedono l’inserimento della Farmacia dell’Asl nel DM 77 ed investimenti in risorse umane e competenze.
I farmacisti di distretto Asl oggi in Italia sono 1558 ma dovrebbero essere di più; stando al documento sulle competenze redatto da Sinafo e Sifact nel 2017 hanno ben 97 attività. Come spiega Stefano Palcic, del servizio farmaceutico Asl Giuliano-Isontina, «si va dal monitoraggio delle prescrizioni dei medici convenzionati e dipendenti, all’attività di vigilanza sugli effetti avversi dei medicinali, dalle istruttore su apertura e chiusura e sui trasferimenti alle ispezioni sulle nuove attività di “farmacia dei servizi” aperte dalle farmacie convenzionate, passando per la gestione logistica dei medicinali e quella della distribuzione diretta e per conto, che oggi investe anche le soluzioni alle carenze di alcuni principi attivi, a tutto il capitolo dell’assistenza integrativa con i presìdi a diabetici, anziani incontinenti, celiaci. C’è poi la partecipazione a commissioni per l’appropriatezza della prescrizione; infine, specie in alcune regioni, crescono i compiti di monitoraggio dell’uso dei farmaci in residenze per anziani, carceri, Rems, Hospice e case della salute. E ci sono i programmi di educazione sanitaria alla popolazione e le sperimentazioni cliniche territoriali, in particolare la sorveglianza post-marketing».
Giovanna Scroccaro, responsabile della Direzione generale farmaceutico-protesica in Veneto e membro della Commissione Tecnico Scientifica Aifa, osserva come alla pandemia abbia corrisposto un ampliamento dei compiti delle farmacie convenzionate. Ma «in tema di farmacia dei servizi il farmacista di distretto Asl deve conoscere le attività promosse tra ricognizione (dossier farmaceutico), screening di popolazione, aderenza terapeutica, telemedicina. I servizi farmaceutici territoriali vanno coordinati con le associazioni di settore per valutare quali progetti possano andare avanti e quali debbano fermarsi». Alla tavola rotonda finale, presenti il Presidente Farmindustria Marcello Cattani e il Past President Massimo Scaccabarozzi, Scroccaro insiste su quest’ultimo aspetto: «Nelle attività delle farmacie dei servizi c’è grande eterogeneità, fra screening, telemedicina, vaccinazioni le fonti sono gli accordi locali e questo perché c’è una convenzione vecchissima, non più mantenibile com’è e da rinnovare. Al di là di ciò occorre al Ministero della Salute, in capo ad una direzione specifica, un riferimento per monitorare gli accordi alla base delle iniziative FdS». La past president della Società Italiana di Farmacia ospedaliera si sofferma pure sul rapporto tra regionalismo disomogeneità nei compiti dei farmacisti Ssn, specie quelli territoriali. «Al di là dell’ampia cornice di competenze e delle necessità di fissare, dal centro o dalle regioni, dei fabbisogni di farmacisti SSN per garantire più omogeneità, è vero che le regioni tendono in qualche caso a duplicare valutazioni già prodotte da Aifa. Il motivo è che l’Agenzia del Farmaco tende a non rendere disponibili importanti passaggi della sua attività scientifica ed economica. Sarebbe in particolare utile un osservatorio Aifa sulle politiche del farmaco per catalogare le strategie politiche adottate».
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