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16 Settembre 2022Sì al contratto di formazione lavoro per gli specializzandi, sì ad aumenti, via il tetto al personale della sanità. Sono i punti che uniscono i programmi dei partiti sulla sanità
Sì al contratto di formazione lavoro per gli specializzandi, sì ad aumenti, via il tetto al personale della sanità. Sono i punti che uniscono i programmi dei partiti sulla sanità. Il Centro-Sinistra chiede anche di stralciare la sanità dai progetti di autonomia differenziata delle regioni; il Centro-Destra chiede di abolire il numero chiuso all’accesso in ateneo. Sono i temi esposti da sei rappresentanti dei partiti in un incontro (“prima di votare pensa alla salute”) con l’intersindacale della dirigenza medica e sanitaria “Uniti per la sanità”. Formato da Anaao Assomed, Cimo-Fesmed, Aaroi-Emac, Fassid, Fp-Cgil, FVM, Uil, Cisl, il fronte rappresenta 120 mila medici, veterinari e sanitari. Giorni fa ha presentato il “Manifesto per la nuova sanità” dove chiede alla politica di superare i tetti di spesa nell’assumere, di non esternalizzare funzioni, di tutelare l’autonomia della dirigenza sanitaria, d’introdurre per gli specializzandi il contratto di formazione-lavoro, di completare la legge sulla responsabilità professionale, di rivedere vari istituti contrattuali. Questi punti sono “l’ultima chiamata per salvare il servizio sanitario” come la definisce Pierino Di Silverio segretario Anaao Assomed. L’Italia è ultima per spesa sanitaria in Europa; la sanità pubblica sul Prodotto interno lordo pesa per il 6,6%, contro l’11,7% della Germania e l’11,2% della Francia. Il resto sono 30 miliardi spesi dai privati, per curarsi di fronte a un crollo delle prestazioni del Ssn, due terzi del quale –ha spiegato Guido Quici (Cimo Fesmed) si deve al disimpegno delle aziende ospedaliere, le stesse che erogano alta specialità. In altre parole, gli italiani iniziano a comprarsi anche le prestazioni salvavita». E si irrigidiscono nel rapporto con ospedali sempre più sguarniti di medici, che vanno via al ritmo di tre al giorno, 7 mila in 3 anni. «La politica ha il dovere di fare qualcosa altrimenti non applica la Costituzione» dice Di Silverio. «La nostra intersindacale è unita solo dal senso di responsabilità e dalla volontà di dire basta alle guerre tra poveri, è troppo poco il finanziamento del Ssn e altra decrescita non sarà tollerata. Se occorrerà alzeremo la voce».
E i candidati? Sandra Zampa Pd riconosce che la politica ha definanziato la sanità in 10 anni, ma va riconosciuto lo sforzo del ministro della salute uscente Roberto Speranza nel rifinanziare il sistema dopo il Covid-19, incluse borse di specializzazione e territorio. «Il Pd si prefigge di raggiungere in 5 anni un livello di finanziamento della sanità pubblica pari al 7% del Pil ed un piano di investimenti per il personale senza più tetti; sì a far lavorare in ospedale medici specializzandi dal 2° anno, e pensionati, in questa fase d’emergenza. Chiediamo poi che la sanità sia stralciata dall’autonomia differenziata». Luca Coletto della Lega chiede al contrario che le Regioni possano determinare da sole il fabbisogno di medici e professionisti sanitari senza passare per il filtro del ministero dell’Università. E lancia un tema che viene poi ripreso da Marcello Gemmato di Fratelli d’Italia: via il numero chiuso a Medicina, «come regioni (Coletto è assessore in Umbria ndr) constatiamo di non avere più medici. Chiediamo che tutti gli aspiranti medici possano entrare nel corso di studi e la selezione avvenga nell’arco di due anni condivisi con Farmacia ed altre discipline dove si formano i sanitari Ssn. Lo stato deve semmai sorvegliare che le regioni, anche quelle in piano di rientro, non vadano al di sotto di uno standard minimo di dotazione compatibile con l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza». Gemmato sul numero chiuso attuale osserva che molti ragazzi, superato il test, poi non si iscrivono a Medicina. Si perdono le tracce loro e dei posti in ateneo. Anna Maria Parente presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato (Italia Viva) dice sì ad una riapertura graduale dell’iscrizione dopo il numero chiuso, ma le preoccupazioni s’indirizzano soprattutto al fabbisogno di specialisti: sì al contratto di formazione lavoro al posto della borsa di studio. Mariolina Castellone M5S ricorda che non mancano medici in Italia ma mancava uno strumento di programmazione del fabbisogno che proprio il suo partito ha poi istituito: un organo a metà strada tra Agenas ed Osservatorio nel MiUr che dice quali specialisti servono al Ssn. «La vera carenza è nell’emergenza, in attesa che si formino i nuovi specialisti il ruolo di chi deve moltiplicare le proprie forze al lavoro va valorizzato; il programma M5S dettaglia tipologie e modalità degli incentivi». Medico di distretto Asl, Renato Turi di Sinistra Italiana sottolinea la mancanza di democrazia nelle Asl sia al momento delle decisioni sia a livello di procedimenti disciplinari. E aggiunge che il Ssn è fuori da interi capitoli dell’assistenza, «il punto di Pil in più da destinare alla sanità lo vogliamo tutto sul Ssn»; in ciò è in piena sintonia con relatori del sindacato, come Andrea Filippi di Cgil Medici, per il quale 30 anni di aziendalizzazione della sanità sono stati un fallimento, “pilotato” per aprire le porte al privato.
Mauro Miserendino
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