sanità
06 Dicembre 2022 Il Servizio sanitario non ha ancora recuperato i minori ricoveri e le liste d’attesa causate dall’emergenza pandemica a partire dal 2020. Ma attenzione, la pandemia ha aggravato negli ospedali una situazione di progressiva erosione delle prestazioni pubbliche che era già in atto
Il Servizio sanitario non ha ancora recuperato i minori ricoveri e le liste d’attesa causate dall’emergenza pandemica a partire dal 2020. Ma attenzione, la pandemia ha aggravato negli ospedali una situazione di progressiva erosione delle prestazioni pubbliche che era già in atto; i cittadini dal 2010 fanno sempre più spesso ricorso ai privati per le visite ambulatoriali e le diagnosi strumentali, e talvolta per i ricoveri. E crescono le diseguaglianze tra chi ha e chi non ha. Il quadro emerge dal confronto di tre indagini che, snodandosi tra 2020 e 2022, intercettano importanti tendenze. Si tratta del monitoraggio delle schede di dimissioni ospedaliere-SDO del 2020; del Rapporto della Ragioneria dello Stato sulla spesa del 2021; e per il 2022 di un raffronto Agenas con dati delle Regioni sulle visite di controllo rispetto a tre anni fa le cui prime elaborazioni sono state offerte dal quotidiano Repubblica. Tutte e tre le indagini realizzate in ambito pubblico si raffrontano al 2019. Quell’anno, precedente alla pandemia c’erano stati circa 8 milioni di ricoveri di pazienti acuti, per tre quarti in regime ordinario, degenza media sette giorni, ed uno in regime diurno, degenza media 2 giorni e mezzo. La mobilità regionale era di circa 8 ricoveri fuori regione per mille abitanti in regime ordinario e 2,5 in diurno. C’era già stata una forte diminuzione di ricoveri nel pubblico. Il tasso di ospedalizzazione si era ridotto da 171,8 ricoveri per 1000 abitanti del 2010 a 123,9 nel 2019, e da 115 acuti in regime ordinario per 1000 abitanti nel 2010 a 90, da 48 acuti in regime diurno nel 2010 a 29.
Le schede di dimissione del 2020 ci dicono che l’emergenza pandemica, bloccando l’attività di molti ospedali, ha dato un’ulteriore sfrondata. Siamo scesi a 74 ospedalizzazioni complessive ogni 1000 abitanti incluse riabilitazioni e lungodegenze, da 8,2 a 6,5 milioni di dimissioni. C’è stato un calo del 18% nei ricoveri ordinari per acuti (e del 15% nelle giornate di degenza), e di un 28% nelle dimissioni da Day Hospital (-23% di giornate), e sono diminuite di un quarto le dimissioni da riabilitazione e lungodegenza. Calano i tassi di ospedalizzazione in tutte le malattie, circa il 25% nel diabete e nell’insufficienza cardiaca (e crescono i ricoveri per emergenze cardiovascolari). Ma attenzione: tra i pazienti acuti, sono rimasti immutati i tassi di inappropriatezza; in chirurgia, ad esempio, si resta intorno al 27% di ricoveri da Drg improprio. La mobilità sanitaria tra regioni è caduta di circa un terzo per i ricoveri ordinari, e di un quinto per i diurni, ma alcune regioni –Molise, Abruzzo, Basilicata– la mantengono alta. Un po’ più stabile il numero di schede di pazienti trasferiti per interventi o terapie in oncologia, e di minori. Insomma, un anno atipico ma non del tutto fuori norma, visto che il peso delle prestazioni ospedaliere del servizio sanitario si era già indebolito.
In attesa delle schede di dimissione 2021 che avremo l’anno prossimo, il sequel del film ci è dato dal già noto Rapporto della Ragioneria dello Stato. Malgrado siano stati stanziati 500 milioni per il progressivo azzeramento delle liste d’attesa gonfiatesi in pandemia, nel 2021 gli italiani hanno iniziato a recuperare le prestazioni saltate causa Covid-19 pagando di tasca propria gli specialisti, per una spesa privata da 37,1 miliardi. L’esborso, principalmente di tasca del cittadino e in quota crescente mediato da assicurazioni private o di categoria, è ricresciuto del 20% sul 2020, mentre è fermo o in calo il ticket pagato sulle prestazioni del pubblico (che per inciso ha subìto 2 anni fa una grave battuta d’arresto anche nella sua attività privata intramuraria, con un crollo dei ricavi del 29,1%, da 1,15 miliardi a a 816,9 milioni di euro). L’aumento del Fondo sanitario del 5,7% nel 2020 non sembra sia valso a rianimare l’attività istituzionale degli ospedali. Infine, in ambito ambulatoriale, raffrontando i numeri Agenas delle visite di accertamento (non prime visite) dei primi 6 mesi del 2022 e del 2019, si evidenzia un crollo da 17 a 13,7 milioni, pari al 20%. Con punte del 40% in Molise (ricordiamo l’alta mobilità sanitaria dei residenti di questa regione) ed a Bolzano, del 36% in Sardegna, del 29-30% in Sicilia-Calabria, con minimi del 10-15% in Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia. Il gap da Covid-19 non è ancora recuperato e nemmeno quello che si era formato in precedenza.
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