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22 Maggio 2025

Radioterapia, mancano specialisti: serve un intervento urgente

Allarme dagli esperti al Senato: troppi pochi radioterapisti per i pazienti oncologici. Le società scientifiche chiedono più formazione, tecnologia e multidisciplinarietà durante il convegno “Il futuro della radioterapia: formazione, ricerca e innovazione”


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Se non si interviene subito, l’Italia rischia di restare senza radioterapisti, compromettendo la possibilità di curare adeguatamente un numero crescente di pazienti oncologici. È questo l’allarme lanciato durante il convegno “Il futuro della radioterapia: formazione, ricerca e innovazione”, organizzato dall’Intergruppo Parlamentare Oncologia presieduto dalla Senatrice Tilde Minasi, svoltosi presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro del Senato. Un grido d’allarme condiviso da esperti e società scientifiche, che hanno denunciato una situazione preoccupante sul fronte della formazione specialistica e dell’integrazione della radioterapia nei percorsi terapeutici. In Italia, infatti, sono attualmente attivi poco più di 1.000 radio-oncologi, un numero nettamente insufficiente rispetto al fabbisogno reale. La Senatrice Minasi ha sottolineato la necessità di superare le disuguaglianze territoriali nell’accesso alla radioterapia: “Serve un impegno concreto per colmare le disparità, formare nuovi medici e ampliare l’accesso alle tecnologie come la protonterapia, oggi disponibile solo in pochi centri”.



Marco Krengli, Direttore della Radioterapia dell’Istituto Oncologico Veneto – IRCCS e Presidente di AIRO, ha spiegato che “la radioterapia oncologica è centrale nel trattamento di circa il 70% dei pazienti, ma è ancora sottoutilizzata e scarsamente integrata nei programmi terapeutici”. Secondo Krengli, per invertire la rotta occorre intervenire su università e scuole di specializzazione, rendendo la disciplina più attrattiva. “La questione non è la mancanza di tecnologie, ma quella di percorsi strutturati e di specialisti”, ha ribadito Cinzia Iotti, Direttore dell’UOC di Radioterapia dell’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia. “La radioterapia ipofrazionata, ad esempio, può ridurre da 15 a 5 le sedute nei tumori al seno, garantendo gli stessi risultati. Ma per attuarla servono organizzazione e personale formato”.





A margine del convegno, anche Rolando D’Angelillo – Professore Associato di Radioterapia all’Università di Roma “Tor Vergata” e Presidente della Società Italiana di Uro-Oncologia – ha sottolineato l’importanza della visione multidisciplinare: “La radioterapia è una delle terapie più innovative e tecnologicamente avanzate, capace di migliorare gli esiti per i pazienti, non solo in termini di sopravvivenza ma soprattutto di qualità della vita. Le unità di patologia devono andare oltre gli indicatori di processo come il numero di interventi chirurgici. La vera qualità si misura sugli esiti e su percorsi terapeutici che tengano conto delle alternative non invasive e del benessere del paziente. Le decisioni istituzionali devono includere questo approccio e sostenere la radioterapia come opzione centrale nei team multidisciplinari”. Anche FAVO, la Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, è intervenuta per chiedere maggiore riconoscimento del ruolo dei radioterapisti nei Tumor Board e nelle reti oncologiche regionali, per garantire terapie accessibili e personalizzate. La SIUrO ha ribadito l’urgenza di sviluppare unità di patologia come le Prostate Unit, dotate di reali indicatori di qualità. Il messaggio finale, condiviso da tutti i relatori e moderato dall’On. Francesca Galizia, è netto: senza un piano nazionale per formare nuovi radioterapisti e integrare la radioterapia nei percorsi oncologici, l’Italia rischia un collasso nel trattamento dei tumori.



TAG: MEDICI SPECIALISTI

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