Farmaci
02 Novembre 2023 Nel corso del 31° Congresso SIFaCT che si è svolto di recente a Verona, la figura del farmacista clinico è stata esaminata in tutte le sue declinazioni nella pratica ospedaliera e, in particolare, nella sua relazione con quella del medico, nell’ambito dei team multidisciplinari
Nel corso del 31° Congresso SIFaCT (Società italiana di farmacia clinica e terapia) che si è svolto di recente a Verona, la figura del farmacista clinico è stata esaminata in tutte le sue declinazioni nella pratica ospedaliera e, in particolare, nella sua relazione con quella del medico, nell’ambito dei team multidisciplinari. Un esempio in questo senso è stato offerto - nel corso della sessione “Il farmacista clinico nella gestione del farmaco biologico nel paziente cronico: l’integrazione delle competenza tra medico e farmacista“- da Angela Variola, Centro delle malattie retto-intestinali, Irccs Sacro Cuore – Don Calabria Negra, Verona. «Ad oggi il ruolo del farmacista clinico all’interno di queste èquipe non è ben codificato e, in realtà vicine alla nostra, il farmacista non ha un ruolo ben definito» afferma. «Nell’Ospedale in cui lavoro però l’alleanza tra medico e farmacista invece è realtà». Nel caso specifico della gestione delle patologie infiammatorie croniche intestinali, di cui Variola si occupa, il farmacista non ha un solo ruolo, specifica, ma tanti. «innanzitutto, la dispensazione della terapia farmacologica, poi il monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva e della farmacovigilanza. Ma non solo: fa parte delle riunioni multidisciplinari in cui si decide il destino del paziente dal punto di vista delle scelte terapeutiche, diagnostiche e di prognosi per il singolo paziente». Oltre a questo, prosegue Variola, «il farmacista clinico si affianca al lavoro del clinico nella vita di tutti i giorni per quanto riguarda l’attività di sperimentazione clinica, rivestendo un ruolo attivo all’interno dei trial clinici e aiutando il clinico anche nelle richieste più indaginose come possono essere quelle off-label o relative all’uso compassionevole dei farmaci. Oltre a questo, il farmacista riveste un altro importante ruolo, quale primo punto di incontro tra il paziente e l’ospedale, ovvero di counseling in questo contesto».
Rilevante anche la ricerca che il farmacista clinico può svolgere a fianco del medico nella gestione del diabete, come ha sottolineato Giulia Zanotti, Uoc Assistenza Farmaceutica Territoriale, Aulss 3 Serenissima, Venezia, che ha presentato i risultati di una ricerca relativa alla variazione di prescrizione di farmaci antidiabetici a seguito dell’introduzione della nota 100. «E’ emerso un incremento minimo di consumo di metformina, mente ci ha incuriosito una sottoanalisi sulla metformina a rilascio prolungato, che è aumentata di circa il 20%. Abbiamo allora messo in atto delle strategie correttive indirizzate ai medici prescrittori ricordando che questo farmaco deve essere prescritto solamente in caso di intolleranza a rilascio normale o in caso di eventi avversi». Riguardo ai farmaci divenuti, in base a direttiva regionale, di terza e quarta linea, ovvero sulfaniluree e biguanidi, si è verificata una diminuzione di consumo, come attesa. «Riguardo ai farmaci in nota 100 – inibitori di Sglt2, inibitori di Dpp-IV e agonisti recettoriali di Glp-1 – ci aspettavamo un aumento dei consumi che si è registrato. Unico dato non fruibile è quello relativo agli inibitori di Sglt-2 in quanto – in concomitanza alla nota 100 – due hanno avuto un allargamento delle indicazioni, ovvero ora vengono utilizzati anche nello scompenso cardiaco». Pertanto, osserva Zanotti, non c’è possibilità di discriminare per quale indicazione terapeutica questi farmaci siano stati prescritti. Quali strumenti può mettere in atto il farmacista clinico per limitare fenomeni di appropriatezza prescrittiva? «Innanzitutto è molto importante effettuare queste analisi per il monitoraggio dell’appropriatezza, analisi dei consumi, dei pazienti e della spesa e, nel caso in cui ci si accorga di anomalie prescrittive, rivolgersi subito al medico, mandare note informative, fare audit nel reparto o presso i medici di medicina generale per ricondurli all’appropriatezza dell’indicazione terapeutica».
Arturo Zenorini
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