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20 Febbraio 2023

Medicina territoriale, Gemmato a Puntoeffe: Mmg e farmacie territoriali perni della riforma

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non si può cambiare ma va migliorato, integrando nelle case di comunità le reti di farmacie e medici di famiglia già presenti sul territorio. È il punto centrale dell’intervista rilasciata sul numero di Puntoeffe in uscita a marzo da Marcello Gemmato


Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non si può cambiare ma va migliorato, integrando nelle case di comunità le reti di farmacie e medici di famiglia già presenti sul territorio. È il punto centrale dell’intervista rilasciata sul numero di Puntoeffe di febbraio da Marcello Gemmato, parlamentare FdI, oggi sottosegretario alla Salute. Farmacista di estrazione, Gemmato trova un po’ utopistico pensare che le 1.350 case di comunità previste possano rilanciare la sanità del territorio. Certo, sul PNRR «non si può transigere, pena il congelamento dei fondi previsti per la sua attuazione». Ma ogni casa di comunità è pensata per un bacino di circa 40 mila cittadini «e allora non si può parlare di cure di prossimità. C’è un’altra questione. Il PNRR finanzia le infrastrutture ma non le spese ordinarie: chi se ne farà carico? Il ministero della Salute ha appena destinato 1,4 miliardi in più alle strutture esistenti, che devono fare fronte ai rincari energetici. E le nuove strutture come le sovvenzioniamo? Nel capitolo del personale, ci sono bandi che vanno deserti, per medici, infermieri, operatori sanitari. Chi ci mettiamo in queste case di comunità?» Gemmato non nega che le CdC possano ricoprire un ruolo importante, valorizzando anche gli infermieri, specie se in possesso di una laurea magistrale, e biologi. E sottolinea in merito: «Di certo occorre alleggerire il carico dei Pronto soccorso, se pensiamo che per l’80 per cento gli accessi sono classificati come codici bianchi».

Importanti le parole sul fenomeno dell’indisponibilità di farmaci. «Si verifica spesso in questo periodo, tra dicembre e gennaio. Questo però è un frangente particolare, ha visto coincidere una coda pandemica che per fortuna si sta affievolendo con una influenza stagionale particolarmente virulenta. Stiamo quindi assistendo a una sovrarichiesta di farmaci che ha causato alcune carenze. A ciò va aggiunto il contributo dei social network. Se una madre in più farmacie non trova l’ibuprofene ne parla in rete e la questione si amplifica. Nella lista carenze dell’Aifa al momento figurano 3.200 molecole, ma sono circa 300 i farmaci davvero carenti e per gran parte si riesce a sopperire ricorrendo agli equivalenti ed alle preparazioni galeniche». Il governo discute come incentivare la produzione di farmaci sul proprio suolo per ovviare alle carenze e come favorire in merito investimenti nelle Zone economiche speciali, aree dove le imprese possono giovarsi di una fiscalità agevolata. Ma il tema di massima attualità per la farmaceutica è la revisione della Legge 405/2001, fare in modo che molti farmaci oggi in distribuzione diretta tornino nella farmacia convenzionata o siano distribuiti per conto. «I risparmi garantiti dalla distribuzione diretta sono in realtà inesistenti, se consideriamo costi diretti e indiretti e disagi provocati nei pazienti, lo ha dimostrato l’indagine parlamentare conoscitiva di cui sono stato promotore nella precedente legislatura», spiega Gemmato. Alcuni dati: «Nel 2021 la spesa farmaceutica era al 14,85 per cento del Fondo sanitario nazionale, tra acquisti diretti e convenzionata. La prima sforava abbondantemente, mentre la seconda si manteneva sotto il tetto di ben 600 milioni. Due silos che non comunicano tra di loro. Occorre cambiare il meccanismo, coinvolgendo anche la Conferenza delle Regioni, alle quali spetta ripianare metà dello sforamento». Anche «il payback va rivisto, come dimostra anche la recente protesta delle aziende produttrici di dispositivi medici».

Gemmato ricorda infine come nel decennio ante-2019 la sanità pubblica sia stata definanziata per oltre 30 miliardi, «i 7 miliardi previsti per il triennio 2023-25 testimoniano che il governo Meloni e il ministero della Salute credono nella sanità pubblica». Ma la questione non è solo di risorse. «La vera sfida è mettere il personale sanitario e sociosanitario nelle migliori condizioni per lavorare. Il ministro Schillaci sta mettendo a punto alcune proposte finalizzate a migliorare le performance del SSN. Confidiamo anche nella collaborazione con Agenas».


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