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16 Luglio 2025

Hiv, Andreoni (Simit): servono politiche pubbliche per accesso equo alle nuove terapie

L’Italia ha oggi a disposizione strumenti sempre più efficaci per prevenire e trattare l’infezione da HIV, grazie a farmaci long-acting come il lenacapavir. Ma senza un impegno forte delle istituzioni, il rischio è quello di restare indietro. A sottolinearlo è il professor Massimo Andreoni intervistato da Sanità33 


Massimo Andreoni

L’Italia ha oggi a disposizione strumenti sempre più efficaci per prevenire e trattare l’infezione da HIV, grazie a farmaci long-acting come il lenacapavir. Ma senza un impegno forte delle istituzioni sul piano del rimborso, della prevenzione e dell’equità d’accesso, il rischio è quello di restare indietro.

A sottolinearlo è il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) e membro del Consiglio Superiore di Sanità, intervistato da Sanità33 per fare il punto sull’evoluzione della lotta all’HIV.



“Abbiamo farmaci straordinari che hanno trasformato l’HIV in una malattia cronica, con un’aspettativa di vita simile a quella delle persone non infette. Ma – avverte Andreoni – in Italia stiamo assistendo a un progressivo incremento delle nuove diagnosi, spesso in fase avanzata di malattia, il che complica la risposta clinica e accresce il rischio di trasmissione inconsapevole”.

Long-acting e PrEP: la nuova frontiera della prevenzione

Negli ultimi mesi, l’approvazione da parte della FDA e le raccomandazioni dell’OMS sui nuovi farmaci a lunga durata d’azione (come lenacapavir, somministrabile ogni sei mesi) hanno segnato una svolta nella profilassi pre-esposizione (PrEP). “Un’iniezione ogni due o sei mesi, rispetto alla complessa gestione delle compresse giornaliere, rappresenta un cambiamento epocale – spiega Andreoni – con vantaggi enormi per l’aderenza e l’efficacia, oltre a ridurre lo stigma legato all’assunzione quotidiana del farmaco”.

Queste soluzioni – osserva – possono avere un effetto simile a un “vaccino funzionale”, proteggendo per mesi e rendendo la prevenzione dell’HIV accessibile anche a popolazioni a maggiore vulnerabilità.

Un’occasione da non perdere, ma servono scelte nazionali

La vera sfida ora è garantire l’accesso uniforme a queste terapie innovative. “In questo momento in Italia – denuncia Andreoni – la rimborsabilità dei farmaci long-acting per la prevenzione è ancora incerta, e temiamo che si possa ripetere la frammentazione tra Regioni più virtuose e Regioni in difficoltà finanziaria”.

Questo scenario rischia di minare il principio di universalismo del SSN e di frenare la diffusione di interventi che potrebbero contribuire, secondo l’OMS, all’eliminazione dell’HIV entro il 2030. “Abbiamo tutte le armi per farcela – afferma Andreoni – ma senza un piano nazionale di prevenzione strutturato e finanziato, con l’inserimento della PrEP long-acting nei LEA, sarà difficile raggiungere questo traguardo”.

Un altro problema è la riduzione della percezione del rischio, soprattutto tra i giovani: “L’HIV non fa più paura, ma resta una patologia cronica che richiede cure per tutta la vita. Oggi oltre il 95% dei casi in Italia è trasmesso per via sessuale. Per questo serve un approccio integrato che includa formazione nelle scuole, campagne mirate e offerta attiva di screening e PrEP”, sottolinea Andreoni.

Infine, il professor Andreoni lancia un appello a Governo e istituzioni: “L’Italia vanta una delle industrie farmaceutiche più avanzate d’Europa. Se non ci rendiamo attrattivi per l’innovazione, rischiamo di perdere investimenti, sperimentazioni e terapie d’avanguardia. Dobbiamo scegliere se essere protagonisti o spettatori nella lotta globale contro l’HIV”.

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