Intervista
16 Gennaio 2023 L’intelligenza artificiale sta entrando rapidamente nel mondo sanitario. Gli ambiti di applicazione sono sempre più vasti e ricchi, «come supporto nell’identificazione della diagnosi, del trattamento più idoneo o nell’analisi e il test di modelli organizzativi per fornire indicazioni sui miglioramenti da adottare». Parla così a Sanità33 Gabriella Pravettoni
L’intelligenza artificiale sta entrando rapidamente nel mondo sanitario. Gli ambiti di applicazione sono sempre più vasti e ricchi, «come supporto nell’identificazione della diagnosi, del trattamento più idoneo o nell’analisi e il test di modelli organizzativi per fornire indicazioni sui miglioramenti da adottare». Parla così a Sanità33 Gabriella Pravettoni, Docente di Psicologia Cognitiva e delle Decisioni presso l’Università Statale di Milano, Direttore del Dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia (DIPO), UNIMI, Direttore della Divisione di Psiconcologia: Applied Research Division for Cognitive and Psychological Science dell'Istituto Europeo di Oncologia, Milano; illustrando i punti salienti del suo contributo al volume “I dati. Il futuro della Sanità. Strumenti per una reale innovazione”, realizzata da Fondazione Roche, con il supporto di Edra S.p.A.
Pravettoni illustra i vantaggi e i rischi di questo nuovo scenario. «I vantaggi sono di tutta evidenza: avremmo sempre maggiore precisione, sempre più una medicina che risponderà a quella persona, a quel paziente e non ad un’area in cui statisticamente possiamo parlare di pazienti che hanno quella certa patologia ma quel paziente che ha bisogno esattamente di quella cura», spiega. «È molto importante l'utilizzo dei Big data, dell'intelligenza artificiale per arrivare ad essere sempre più precisi. L’innovazione – dichiara - non deve essere pensata solo come il futuro ma dobbiamo far sì che sia presto il presente perché ci permetterà di curare molto meglio i nostri pazienti a qualsiasi livello». Tutto ciò rappresenta un vantaggio non solo per il medico ma anche per il paziente perché «vengono curati meglio e in modo più appropriato e più preciso». Lo svantaggio, per Pravettoni, riguarda «la comunicazione» che sta «cambiando». È importante, quindi, integrare l’intelligenza artificiale a quella emotiva. «L’intelligenza emotiva è la capacità di riconoscere, regolare e gestire le proprie emozioni e di connettersi emotivamente con l’altro. Questa competenza acquista ancora più importanza in un contesto di cura e malattia, dove la sofferenza, il dolore e il lutto possono esporre le persone a un elevato carico di emozioni», dichiara l’esperta.
In questo momento, per arrivare a questa integrazione ciò che manca è «legato a una tematica psicologico che è la resistenza al cambiamento». Nello specifico, «se noi impariamo le cose in un certo modo, quando ci rappresentiamo, il nostro operato va in una cornice e noi facciamo delle azioni e abbiamo un adattamento. L'adattamento alla nostra realtà fa sì che ci sentiamo più sicuri e lavoriamo meglio. Invece ci sembra difficile e abbiamo sempre un po' una resistenza al cambiamento, anche per protezione. Questo è il tema su cui invece dobbiamo lavorare – osserva - Questo è quello che manca veramente perché quando si impara qualcosa e si riesce a portarla nell’utilizzo quotidiano, l'adeguatezza della risposta che noi diamo ai nostri pazienti sarà sicuramente maggiore».
Link all'intervista: https://www.youtube.com/watch?v=1ObsH0wq9fU&t
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