Intervista
27 Giugno 2023 In parallelo al tavolo destinato a riformare il payback dei dispositivi medici, il Ministero della Salute ha appena istituito un tavolo tecnico sulle terapie avanzate, mirato al miglior utilizzo del miliardo stanziato ogni anno per il Fondo. Ne parla a Sanità 33 Mauro Marè, componente del tavolo composto da 16 membri, economista e Direttore Osservatorio LUISS Business School
In parallelo al tavolo destinato a riformare il payback dei dispositivi medici, il Ministero della Salute ha appena istituito un tavolo tecnico sulle terapie avanzate, mirato al miglior utilizzo del miliardo stanziato ogni anno per il Fondo che copre i costi di farmaci di terapia genica, terapia cellulare somatica, ingegneria tissutale, e di principi attivi veicolati da dispositivi medici. Dal 2022 si è deciso di rifinanziare il Fondo per queste terapie con 100 milioni, divenuti 200 nel ’23 e 300 dal 2024. Ma per spendere al meglio le risorse occorrerebbe modificare i criteri di contabilizzazione di queste terapie, magari destinandole nell’ambito di una spesa non in conto corrente bensì in conto capitale, come spiega a Sanità 33 Mauro Marè, componente del tavolo composto da 16 membri (tra cui funzionari ministeriali, esperti di technology assessment, e clinici come il presidente dell’Agenzia del Farmaco Giorgio Palù). Economista e Direttore Osservatorio LUISS Business School, Marè sottolinea come aspetto chiave del nuovo tavolo la possibilità, che si apre, di un «lavoro comune tra economisti, statistici e ricercatori per capire se i nuovi approcci producano risparmi e in tal caso come li si debba considerare e impiegare dal punto di vista dei conti pubblici».
Inquadrando gli acquisti di farmaci innovativi tra gli investimenti, l’Italia potrebbe ottimizzare l’impiego delle risorse a sua disposizione? Per Marè il problema va posto. «Terapie digitali e sequenziamento del genoma sono approcci terapeutici rivoluzionari che cambiano gli orizzonti della Medicina e diagnostici. Il Servizio sanitario ha il compito di garantire l’accesso a tutti a queste opportunità, spesso costose. Come si fa, senza procurare problemi alla stabilità dei conti pubblici? Oggi, gran parte delle nuove terapie avanzate è valutata come spesa corrente. Ma i farmaci non sempre si comportano come beni che procurano effetti immediati. Quelli innovativi tendono ad avere effetti nel lungo periodo. Le terapie basate sul genoma, spesso one-shot, hanno effetti nell’arco di anni ma i costi, fino a 2-3 milioni a paziente, si concentrano nei primi 1-2 anni. In altri settori, la commissione Ue in questi mesi ha cambiato la contabilizzazione delle spese. Ad esempio, quelle in ricerca e sviluppo e militari, da correnti, sono passate in conto capitale. Alcune convenzioni contabili stanno cambiando. Ora, in Medicina, i nuovi approcci hanno natura di investimento grazie ai benefici spalmati nel lungo periodo: una guarigione individuale si traduce in anni e decenni di ritrovata produttività. Le convenzioni, figlie di accordi fra economisti, devono fare strada ai cambiamenti». Occorrerebbe perciò che Italia ed Europa riclassificassero pure le spese per terapie innovative. «Il Covid – aggiunge Marè– ha dimostrato che la salute è elemento fondamentale per la sostenibilità economica di un paese. Se una malattia è curabile con una terapia genica che dà speranza di vita a 20 anni questo ha ripercussione su costi sanitari». Se volessimo fare ipotesi di studio, «una parte costi potrebbe essere conteggiata subito e messa a competenza, ma per il resto si può attingere ad un fondo ad hoc che dia subito al SSN la misura di cifre spendibili per concorrere ad un investimento». Per realizzare un cambiamento che è nell’aria, «serve che l’Italia faccia i suoi passi o in Europarlamento o nell’Eurostat, l’ufficio statistico che comprende le “Istat” delle nazioni europee, così da favorire nuove regole».
Ludovico Baldessin
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