Telemedicina
13 Ottobre 2023 La survey Iss sull’uso della telemedicina in ambito ambulatoriale privato evidenzia che metà delle strutture non la usano e solo il 27% degli operatori sanitari ha fiducia
Più della metà delle strutture ambulatoriali private in Italia non adotta la telemedicina, inoltre la fiducia riposta è al 40% a livelli direttivi, ma al 27% negli operatori sanitari. Questi sono alcuni dati dell’indagine “Survey nazionale sulla Telemedicina in ambito ambulatoriale privato” che ha sondato, per la prima volta, il rapporto tra gli operatori privati e la telemedicina. L’analisi ha coinvolto oltre 300 strutture sanitarie private e private convenzionate Ssn distribuite sul territorio nazionale. I risultati sono stati presentati nella sede dell'università Luiss dall’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza della Fondazione Bruno Visentini insieme con l’Istituto Superiore di Sanità e il fondo sanitario integrativo Fasdac.
Il primo dato da considerare, che sintetizza la previsione di sviluppo della telemedicina nel comparto privato, è che il 58% delle strutture ha dichiarato di non fare telemedicina e di non essere interessata a offrire questo servizio nel prossimo futuro, a fronte di un 13% che ha dichiarato di fare telemedicina e di voler continuare a sviluppare la propria offerta.
Indagando le principali cause identificate come ostacoli allo sviluppo della telemedicina emergono: la “complessità organizzativa” dichiarata nel 24% dei casi, la “scarsa propensione o collaborazione del personale sanitario” nel 15%, seguiti dalla ”onerosità in termini economici” al 9%.
Se, invece, guardiamo alle sole strutture di grandi dimensioni che erogano più di 50.000 prestazioni ambulatoriali all’anno, la ”onerosità in termini economici” diventa il problema più rilevante a parimerito con la “complessità nell’applicazione della normativa Gdpr”, che si attestano entrambe a quota 17%.
Sul fronte della fiducia riposta verso la telemedicina da parte degli operatori si evidenzia un livello di fiducia complessivamente “alta” o “medio alta” che si attesta attorno al 40% nel caso delle Direzioni Generali e Direzioni Sanitarie, ma che crolla al 27% per chi è “sul campo”, ovvero medici e professioni sanitarie.
Rimanendo sul tema della fiducia, ma dando uno sguardo dal punto di vista del paziente, le strutture hanno dichiarato di aver riscontrato nei propri pazienti “scarsa fiducia verso la telemedicina” nel 27% dei casi, rinforzato dal problema della “scarsa familiarità con le tecnologie informatiche” che le strutture hanno riscontrato nei propri pazienti nel 23% dei casi.
Dall’analisi emerge come il 55% delle strutture non produce i propri documenti sanitari in maniera conforme allo standard HL7 CDA R2 previsto dalle Linee Guida vigenti. All’interno di queste strutture un 47% intende adeguarsi entro l’anno allo standard, ma un altro 40% ancora non conosce le Linee Guida.
Duilio Carusi, coordinatore dell’Osservatorio e professore aggiunto presso Luiss Business School, afferma: “Siamo molto soddisfatti di aver condotto una indagine così pionieristica sia per l’oggetto prescelto per la nostra ricerca, sia per la composizione pubblico-privato della compagine che ha consentito di produrre questi risultati. Con la supervisione scientifica dell’ISS ed il supporto di Fasdac, abbiamo concretamente applicato i valori dell’Osservatorio di stewardship della mano pubblica e partnership degli operatori privati”.
Aggiunge Francesco Gabbrielli, Direttore del Cnt-Iss: “Questa ricerca è molto importante sotto diversi profili. Per la prima volta studiamo la telemedicina nella sanità privata. Iniziamo a conoscere il livello di maturità tecnica e organizzativa nella realizzazione di servizi privati. Esploriamo con metodo la propensione e la fiducia dei professionisti privati nell'attuazione della telemedicina condotta nel rispetto delle norme nazionali. Tutte conoscenze che dovremo sviluppare per poter promuovere il cambiamento in maniera condivisa”.
Per saperne di più:
www.osservatoriosalute.it
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