distrofia di duchenne
15 Settembre 2025L’intervista ad Alberto Fontana, segretario dei Centri Clinici NeMO, sulla distrofia muscolare di Duchenne e dei bisogni clinici e assistenziali ancora insoddisfatti dei pazienti
Nonostante i progressi degli ultimi anni, la distrofia muscolare di Duchenne (DMD) continua a rappresentare una delle sfide più complesse in ambito neuromuscolare. A sottolinearlo è Alberto Fontana, segretario dei Centri Clinici NeMO, che, ai microfoni di Sanità33, mette in luce i bisogni clinici e assistenziali ancora insoddisfatti per le persone con DMD e per le loro famiglie. “Ciò che manca ancora – spiega Fontana – è innanzitutto un accesso equo e uniforme a tutte le terapie disponibili. Non possiamo permettere che la risposta farmacologica dipenda dal territorio di nascita. Allo stesso tempo, serve rafforzare percorsi multidisciplinari continuativi, che accompagnino la persona dall’età pediatrica fino all’età adulta. Sul piano assistenziale, le famiglie chiedono più sostegno nella quotidianità, dal supporto psicologico ai servizi domiciliari, insieme a una rete sociosanitaria integrata. La vera sfida resta l’inclusione sociale: scuola, lavoro e partecipazione alla vita comunitaria”.
In questo scenario, l’arrivo di farmaci innovativi come il vamorolone apre nuove prospettive. “Non parliamo solo di una terapia – sottolinea Fontana – ma della possibilità concreta di migliorare la qualità della vita. Questo trattamento, riducendo alcuni effetti collaterali dei farmaci oggi in uso, può offrire respiro alle famiglie, diminuire le limitazioni e mantenere benefici clinici importanti. Ogni innovazione deve essere valutata per efficacia e tollerabilità, ma il valore aggiunto del vamorolone è quello di dare risposte concrete a una comunità che attende da tempo nuove opzioni di cura”. Da responsabile del Centro Clinico NeMO, Fontana richiama istituzioni e opinione pubblica a un impegno condiviso: “Le famiglie credono profondamente nella ricerca, ma chiedono anche percorsi di cura multidisciplinare organizzati e uniformi a livello nazionale. Non può esserci chi si trova in una condizione di cittadino di serie B. È indispensabile superare le disuguaglianze territoriali, con risorse dedicate e politiche sanitarie integrate”.
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