trapianti
13 Ottobre 2025Una panoramica delle linee guida internazionali e locali per la gestione della cGVHD, analisi dei trattamenti più recenti, inclusi farmaci biologici e terapie di seconda linea, con focus su risultati di studi clinici e trial in corso
La gestione dellamalattia cronica da trapianto contro l’ospite (cGVHD) sta attraversando una profonda fase d’innovazione con terapie sempre più mirate e personalizzate. Le linee guida internazionali e locali offrono un quadro solido, ma la vera sfida sta nel riuscire a garantire un approccio integrato, centrato sul paziente, in grado di migliorare non solo la sopravvivenza, ma anche la qualità di vita. La partecipazione ai trial clinici e l’adozione delle best practice diventano quindi fondamentali per portare questi avanzamenti nella pratica clinica quotidiana. Negli ultimi anni, la gestione della cGVHD ha visto una significativa evoluzione grazie a nuovi approcci terapeutici, farmaci biologici e all’adozione di best practice cliniche basate su dati di trial internazionali. Grazie alle linee guida internazionali e locali, aggiornate nel 2020 dal National Institutes of Health (NIH) è stato possibile standardizzare la diagnosi, la classificazione della gravità e la valutazione della risposta terapeutica della cGVHD. I punti salienti includono: la classificazione della gravità in base al coinvolgimento d’organo e alla compromissione funzionale, la valutazione multiorgano e gli strumenti di follow-up tra cui le raccomandazioni su score clinici, PROs (patient-reported outcomes) e biomarcatori emergenti.
L’European Society for Blood and Marrow Transplantation (EBMT), insieme all’NIH e al Center for International Blood and Marrow Transplant Research (CIBMTR), promuove una visione integrata sulla gestione di questa malattia: le loro linee aggiornate al 2021, pongono particolare enfasi su le strategie di prevenzione, inclusa la deplezione linfocitaria ex vivo e l’uso di ciclofosfamide post-trapianto (PTCy). Inoltre, sulle tempistiche per l’immunosoppressione e gli approcci centrati sul paziente e multidisciplinari.
In Italia, l’Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica (AIEOP) e il Gruppo Italiano Trapianto di Midollo Osseo (GITMO), adattano invece i principi internazionali al contesto clinico nazionale, con un focus sull’accessibilità dei farmaci off-label, il follow-up post-trapianto nei centri periferici e la rete di specialisti per la gestione multiorgano.
Negli ultimi anni si è assistito a un’espansione delle terapie con opzioni di seconda linea e biologici, molte delle quali approvate o in fase avanzata di studio tra cui: il Ruxolitinib, un inibitore di JAK1/2, approvato da FDA e EMA per la cGVHD steroid-refrattaria, con un significativo miglioramento significativo nella qualità di vita (QoL). Ibrutinib, inibitore della BTK e primo farmaco approvato da FDA per cGVHD nel 2017 ed efficace nei coinvolgimenti cutanei e orali. Inoltre il Belumosudil, inibitore della chinasi Rho-associated coiled-coil kinase 2 (ROCK2) che favorisce il riequilibrio immunologico, con un beneficio anche nei pazienti con 3+ linee precedenti. Nell’ambito delle terapie cellulari invece i Regolatori T (Tregs), espansi ex vivo o derivati da sangue cordonale che, pur essendo ancora in fase sperimentale, riportano risultati preliminari promettenti. Attualmente per la gestione della sono in corso trial clinici che riguardano il Ruxolitinib + Belumosudil in combinazione precoce per il trattamento della malattia moderata-severa. Lo studio multicentrico su terapie CAR-T mirate a cellule B autoreattive, la terapia con exosomi mesenchimali per cGVHD polmonare e iltTrattamento con baricitinib (altro inibitore JAK) per le forme refrattarie. Inoltre, molti trial stanno esplorando dei biomarcatori predittivi per identificare precocemente i pazienti cosiddetti “non responder”, con l’obiettivo di personalizzare le terapie. Nel percorso di trattamento, accanto alla sperimentazione farmacologica, tuttavia, per combattere la cGVHD c’è bisogno di mettere una serie di best practice cliniche che riguardano la collaborazione tra team multidisciplinari, un monitoraggio proattivo con uso di score clinici standardizzati, imaging e test funzionali periodici, la riduzione degli steroidi che rappresenta l’obiettivo primario nei nuovi protocolli. Inoltre, empowerment e coinvolgimento del paziente nel processo decisionale e una facilitazione d’accesso ai trial in modo da permette una partecipazione attiva dei pazienti agli studi clinici.
Beatrice Curci
13/10/2025
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