Intervista
14 Aprile 2023 Non c’è economia viva senza salute: è l’esperienza che ha insegnato la pandemia di Covid-19 e lo stesso tavolo sul made in Italy a fine marzo ha riconosciuto il ruolo strategico dell’industria farmaceutica. Un settore che in Italia conta su 200 tra fabbriche e centri ricerca ci fa attrattori di investimenti e fa risparmiare la collettività
Non c’è economia viva senza salute: è l’esperienza che ha insegnato la pandemia di Covid-19 e lo stesso tavolo sul made in Italy a fine marzo ha riconosciuto il ruolo strategico dell’industria farmaceutica. Un settore che in Italia conta su 200 tra fabbriche e centri ricerca–siamo secondi in Europa – ci fa attrattori di investimenti e fa risparmiare la collettività: per ogni euro investito su un trial il Servizio sanitario risparmia 2,8 euro in media e oltre 3 per i farmaci in ambito oncologico. Ora però i produttori chiedono alla politica un salto di qualità. Sanità 33 ne ha parlato con Federico Chinni, AD di UCB Italia, azienda presente in aree terapeutiche strategiche, che sottolinea la linearità della relazione fra andamento degli investimenti di un paese e crescita economica. «In ricerca investiamo l’1,5% del prodotto interno lordo e siamo distanti da nazioni come Usa e Cina, oltre che Germania (che spende il 3,1% del Pil) e Francia (2,4%). Ma bisognerebbe capire che l’industria farmaceutica investe in ricerca più di ogni altro settore. Tra il 2021 e il 2026 si prevedono nel mondo investimenti in ricerca e sviluppo per 1400 miliardi di dollari. A cambiare le cose è stato anche il trasferimento della ricerca sulle nuove molecole per un 80% dai laboratori interni alle aziende a quelli di start-up, centri ricerca, atenei».
In Italia, per Chinni, andrebbero affrontati almeno tre nodi: «Primo, la burocrazia: aziende che volevano investire sono state costrette a rivolgersi all’estero per la frammentazione dei centri decisionali; inoltre tuttora per attivare uno studio clinico da noi ci vogliono in media 17 settimane per attivarlo contro le 9 della Germania e le 5 del Regno Unito. In tal senso plaudiamo ai nuovi decreti del Ministro Schillaci per far ordine sui comitati etici. Secondo punto, il finanziamento della farmaceutica è basso, dal 2016 al 2021 mentre la spesa per i farmaci in Italia restava inalterata, i costi dei medicinali innovativi crescevano del 4% annuo, senza contare che le industrie sono tenute anche a ripianare metà degli sforamenti di spesa con il pay-back. Infine, la presenza di ulteriori differenziazioni nell’accesso ai farmaci; servono in media 400 giorni per immettere sul mercato un nuovo farmaco, un tempo che già ci allontana dalla media dell’Unione Europea, ma poi le 20 regioni prendono ulteriori tempi per rendere il medicinale disponibile». I primi passi del nuovo governo sono nella direzione giusta: «E’ stata ribadita la centralità del settore. Con la nuova governance Aifa vedremo se si va verso quella value based healthcare che riconosce il valore del farmaco al di là del prezzo, ma serve un dialogo tra industria e governo per pianificare l’allocazione di risorse nei settori dove queste terapie possono dare maggior valore aggiuntivo. Va affrontata la lentezza nell’accesso alle cure salvavita; e serviranno professionalità anche per parlare di Health Technology Assessment».
Tra le esperienze recenti in cui si è distinta UCB, c’è la creazione di un’alleanza, FRAME, con 7 associazioni scientifiche e 18 di pazienti per costruire un piano d’azione concreto nella gestione dell’osteoporosi e delle fratture connesse, che generano un enorme costo sociale ed in termini di qualità di vita, destinato a salire con l’aumento dell’età media. «Abbiamo messo a punto un piano azione dedicato su fratture da fragilità, comprensivo di linee guida di gestione e percorsi diagnostico terapeutici validati da team multidisciplinari per prendere in carico la patologia e migliorare gli outcome di cura». Infine la digitalizzazione, Chinni ne ritiene fondamentale il ruolo in almeno tre ambiti. Primo, colmare i vuoti esistenti negli attuali modelli di presa in carico; secondo, dare un impulso decisivo al Fascicolo sanitario elettronico grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (i dati FSE potrebbero essere utilizzabili con ottime ricadute a fini di ricerca); infine, promuovere le digital therapeutics, terapie clinicamente validate e scientificamente misurabili dove l’algoritmo sostituisce la molecola con outcome di cura: «In vari paesi esistono percorsi regolatori per l’accesso gratuito. Anche l’Italia dovrà dotarsene».
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