Telemedicina
02 Dicembre 2022 Gli italiani confidano molto nella telemedicina, che però dopo la pandemia non è decollata come si sperava. E mantengono fiducia nella sanità pubblica, che però non attira la curiosità di chi naviga online in cerca di cure
Gli italiani confidano molto nella telemedicina, che però dopo la pandemia non è decollata come si sperava. E mantengono fiducia nella sanità pubblica, che però non attira la curiosità di chi naviga online in cerca di cure.
È un quadro stimolante ma con degli scuri quello che emerge dall’intervista strutturata sul Patient Journey digitale post-pandemia, i cui risultati sono stati illustrati alla V Edizione del Netcomm Focus Digital Health & Pharma da Luca Buccoliero del Dipartimento Marketing UniBocconi, co-autore con Elena Bellio dell’Università Ca’ Foscari (Venezia). Condotta tra aprile ed ottobre 2022, l’indagine mappa, su un campione di 872 italiani tra 18 e 84 anni, i comportamenti, i cambiamenti recenti e le aspettative di un anno in cui i consumatori digitali sono cresciuti di un terzo rispetto al 2019. Intanto, l’identikit: il paziente digitale è curioso, impaziente, esigente e consapevole. È “ossessionato" dalla ricerca di informazioni cliniche in materia di prevenzione (ad esempio oncologica) e di auto-monitoraggio dei sintomi ma, fra tanti siti e portali sul web, solo nel 40% dei casi accede all’offerta informativa del Servizio sanitario nazionale. E in quel caso cerca innanzi tutto –punteggio 8/10– dati sulle liste d’attesa per la diagnostica e le visite specialistiche per sapere se i tempi che lo riguardano siano in linea o meno; in secondo luogo, cerca un primo supporto per la comprensione dei referti (7,73) e schede informative sulle patologie (7,54) o su corretti stili di vita (7,21). In sintesi, è alla ricerca di diritti, alla salute ed all’informazione. È peraltro interessato a “fare community” ed a confrontarsi con altri pazienti sofferenti delle sue stesse problematiche. In terzo luogo, il paziente è “impaziente”, desideroso di un’interlocuzione costante con il medico, che dia risposte tempestive. Vorrebbe il curante reperibile su whatsapp o anche telefonicamente, con chance di comunicazione istantanea: un rapporto immediato, informale, diretto e personale. In terzo luogo, il paziente è esigente, la sua accezione di “bisogno di salute” è sempre più estesa in termini di attese, consapevolezza, informazione e connessione. I servizi digitali più cercati sono, tra quelli usati prima del Covid, lo scarico dei referti di laboratorio e la prenotazione di esami; durante il Covid c’è stato un boom nell’accesso alla ricetta online che ha riguardato il 30% degli intervistati (ma un 22% ne resta ancora fuori!!) e degli accessi al Fascicolo sanitario elettronico (25%). Ma attenzione: il 40% degli intervistati non accede al Fascicolo sanitario. E più in generale, alcune tecniche non sono cresciute tanto contrariamente a quanto si intuiva nei mesi di picco del Covid. La telemedicina non è usata dal 90% dell’utenza, il 60% dei teleconsulti non è realizzato, e questo malgrado nelle televisite l’utilità percepita sia molto buona.
Il paziente infine è “consapevole”: ad esempio, l’emergenza Covid lo fa riflettere sui problemi di accesso sia in ospedale (che sono la prima preoccupazione, totalizzando nei questionari 6 punti in un range tra 0 e 10) sia a studi medici ed odontoiatrici (punteggio 5,78). La privacy è percepita un po’ a rischio ma chi usa il digitale conviene che in sanità il “bit” gli rende la vita più semplice, meno faticosa e meno costosa. La percezione del rischio di prendere il Covid in ospedale, oltre a far capire la crescente utilità dei servizi digitali e della necessità di attivarne di nuovi, ha inciso positivamente sulla fiducia nei confronti del SSN come luogo nel quale si affrontano gravi emergenze sanitarie, sull’affidamento ai professionisti ed alle strutture, sul valore dell’empowerment –cioè della crescita d’autonomia decisionale – dell’utente. Restano però due fatti abbastanza insidiosi: il paziente non considera ancora sul web le strutture del SSN come fonti abbastanza interessanti, e la telemedicina non si capillarizza; per contro, la percezione di un rischio sanitario moltiplica il valore percepito della relazione di cura. Il sondaggio è stato commentato in una tavola rotonda con Francesco Gabbrielli (ISS), Luca Foresti (Gruppo Santagostino), Riccardo Bui (Humanitas), Elena Bottinelli (gruppo San Donato) e Gianluca Gala (E2E strategic Unity), con le strutture che hanno portato esperienze di interattività, come ad esempio il canale Humanitas dove l’88% di pazienti che chiede televisite afferendo a specialità di terzo livello viene da altre regioni ed evita un viaggio oneroso con il consulto a distanza. Ai primi del prossimo anno arriveranno ulteriori dati ed un confronto-approfondimento con gli operatori del settore.
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