Farmaci
19 Dicembre 2022Nonostante negli ultimi venti anni ci siano stati notevoli progressi sia diagnostici che terapeutici, per il mieloma multiplo da sempre si è parlato di un unmet need, ovvero della necessità di farmaci innovativi quando la malattia comincia a sviluppare refrattarietà ai farmaci più importanti
Nonostante negli ultimi venti anni ci siano stati notevoli progressi sia diagnostici che terapeutici, per il mieloma multiplo da sempre si è parlato di un unmet need, ovvero della necessità di farmaci innovativi quando la malattia comincia a sviluppare refrattarietà a tre, quattro, cinque farmaci più importanti, quali gli immunomodulanti, gli inibitori del proteasoma e gli anticorpi monoclonali anti-CD38 e la sopravvivenza inizia a essere inferiore a sei mesi. È questa la premessa con cui Alessandro Gozzetti, professore associato di Ematologia presso l'Università di Siena, inquadra lo stato dell'arte relativo al trattamento di questa neoplasia maligna del sangue. «Secondo le linee guida descritte dall'international Mieloma Working Group e dal gruppo EHA-ESMO occorre distinguere se il paziente è refrattario a una o più linee terapeutiche» precisa Gozzetti. «Il paziente refrattario a una singola linea è distinto in lenalidomide-responsivo e lenalidomide-refrattario, per il quale abbiamo ormai molti farmaci e triplette disponibili ed efficaci. Quando la malattia però comincia a essere refrattaria ad almeno tre classi di farmaci, o già dal secondo relapse, abbiamo meno armi a disposizione». Di recente, spiega l'ematologo, c'è stata l'introduzione di nuovi farmaci e sequenze terapeutiche che hanno indubbiamente migliorato la risposta terapeutica del paziente con mieloma multiplo. «Abbiamo usato isatuximab che, unito a pomalidomide e desametasone, si è dimostrato molto efficace paragonato a pomalidomide e desametasone, con sopravvivenza di 11 mesi contro cinque mesi nello studio ICARIA e, importantissimo, abbiamo ora anche belantamab mafodotin che, nello studio DREAMM-II, ha mostrato di essere efficace in pazienti già sottoposti ad almeno sei linee precedenti di terapia, con un OR (overall response) estremamente interessante, intorno al 30%, per una popolazione pesantemente pretrattata». «Belantamab», ricorda Gozzetti, «è un anticorpo mirato al BCMA (B-cell maturation antigen) - molecola che si è dimostrata un nuovo target terapeutico del paziente con mieloma multiplo - coniugato con una tossina che determina un arresto dei microtubuli nelle plasmacellule mielomatose e che permette di esplicare in tal senso l'efficacia del farmaco». Quest'ultimo, somministrato ogni tre settimane al dosaggio di circa 2.5 mg/kg, ha una tossicità abbastanza contenuta, afferma lo specialista, che può essere ematologica (soprattutto in termini di piastrinopenia e leucopenia), molto ben gestibile, oppure corneale. Questa diventa di grado 3-4 anche nel 40% dei pazienti ma può essere gestita molto facilmente in modo routinario avendo un buon rapporto con gli oculisti del proprio ospedale, quindi stando attenti alla profilassi con colliri e visite periodiche. «È importante sottolineare» rimarca Gozzetti «che la tossicità corneale è recuperata in quasi l'80% dei pazienti. Occorre anche ricordare», prosegue l'ematologo, «come le risposte a belantamab si siano protratte nel tempo, anche alla sospensione del farmaco per qualsivoglia tossicità: questo indica un'efficacia estremamente duratura del farmaco». Nell'armamentario del paziente refrattario, inoltre, si stanno affacciando ulteriori opzioni, dichiara Gozzetti, il quale - oltre alle CarT e agli anticorpi bispecifici, correlati all'antigene BCMA - cita anche selinexor, che agisce bloccando l'exportina 1 ossia il trasporto di varie proteine coinvolte nella crescita della cellula mielomatosa dal nucleo al citoplasma e portando all'arresto del ciclo cellulare e all'apoptosi. «Come succede sempre nella storia dei trial clinici, data la loro efficacia estremamente promettente nel paziente tri-, quadri- o pentarefrattario, questi nuovi farmaci verranno portati in linee molto più precoci e per ciascuno di essi sono in corso studi innovativi con associazioni - quali belantamab con pomalidomide o bortezomib - per ottenere un'efficacia ancora maggiore anche con nuove triplette» conclude Gozzetti.
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