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28 Novembre 2023

Nord in deficit, Ssn in arretramento. Nel Rapporto Oasi il Covid presenta il conto

I due punti chiave dell’analisi dei ricercatori di Cergas, il centro studi dell’Università Bocconi che ha presentato il Rapporto Oasi per il 2023


Nord in deficit, Ssn in arretramento. Nel Rapporto Oasi il Covid presenta il conto

Il recupero delle liste d’attesa presenta il conto. Dopo il Covid, le regioni più avanzate stanno registrando passivi gravi, quelle che erano in deficit sono in pari. In genere si registra una tendenza all’arretramento del servizio sanitario. Altra novità: come non tutte le persone malate riescono ad avere la copertura SSN – il 50% delle visite ambulatoriali e il 33% degli esami nel ‘22 sono stati pagati dai cittadini – non tutte le persone in lista d’attesa hanno gli stessi bisogni. Alcune stanno meglio o sono meno urgenti di altre. Prima di dire che in Italia si offre troppo poco servirebbe un’analisi della domanda. Sono due punti chiave dell’analisi dei ricercatori di Cergas, il centro studi dell’Università Bocconi che ha presentato il Rapporto Oasi per il 2023. I dati 2022 evidenziano una tensione sull’offerta della sanità pubblica. Toscana ed Emilia-Romagna hanno sforato nel ’22 di 73 ed 82 milioni: non era mai successo. Né erano mai finite in pari Sicilia e Campania, o in attivo la Calabria. Quella dei conti a posto sarebbe una bella notizia, se il Sud non producesse meno prestazioni del Nord. Come spiega Alberto Ricci (Cergas) in apertura dei lavori, tra il 2019 e il 2022 sono diminuite molto alcune prestazioni offerte dal Ssn, dalla visita oculistica alle ecografie. Sono aumentate risonanze e Tac. In ogni caso, dopo la pandemia, fatto 100 il volume di prestazioni prodotte in Italia, le sanità del Centro-Nord sono riuscite ad incrementarle del 40% rispetto al 2019, spesso finendo in deficit, quelle del Sud le hanno contratte fino al 60%. Da tempo il SSN non è uguale per tutti, fa capire il pool di ricercatori guidati da Francesco Longo. Per non creare ulteriori discriminazioni bisogna scoprire chi non consuma quanto gli è prescritto, evolvere da una logica centrata sull’offerta ad una che standardizzi i consumi di pazienti in condizioni omogenee. Come spiega Gianmario Cinelli (Cergas), le Regioni dovendo riorganizzare servizi anziché tagliarli dovranno cambiare modelli d’intervento, dotarsi di figure specifiche, e magari prendersi più poteri su alcune voci, tipo le prenotazioni, e devolverne altri ad Asl e distretti in caso di processi locali quali la presa in carico delle cronicità nei diversi contesti territoriali.

Un ruolo chiave nel rivedere la domanda di prestazioni essenziali lo avrà Roma. Americo Cicchetti, Dg programmazione, anticipa aggiornamenti per il 2024 nel nuovo sistema di monitoraggio dei livelli di assistenza nelle regioni. Per lui va indagata quanta parte del razionamento evidenziato nelle prestazioni Ssn sia dipendente dalle risorse e quanta da sacche di inappropriatezza. «Quando la domanda supera l’offerta è indispensabile fissare priorità e decidere attraverso un confronto sistematico con gli stakeholder includendo le rappresentanze dei pazienti come avvenuto per le cure anti-epatite C». La soluzione indicata di Cicchetti passa per più strade. Intanto, tornare a valorizzare il ruolo del Ministero contro possibili diseguaglianze nell’offerta. «Stiamo creando un modello di stratificazione della domanda e di priorità per le prestazioni, nonché un piano per la valutazione dei dispositivi medici; in parallelo procediamo con l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, in materia ci saranno risorse per 50 milioni nel ’24 e 200 milioni dal 2025 ma dovremo definire anche standard erogativi. Inoltre, inizieremo ad introdurre i percorsi diagnostico-terapeutici a partire dal prossimo piano nazionale esiti».

Su Sud in arretrato con l’offerta e Nord in passivo intervengono per le regioni Ettore Cinque (Campania) e Luca Baldino (Emilia Romagna). Cinque smentisce che al Sud si “abbattano servizi”, ma evidenzia due problemi: «Primo, non si può parlare di sanità in Italia senza affrontare il tema del riequilibrio territoriale; secondo, alla luce della situazione attuale potrebbe meritare revisione la logica dei piani di rientro cui sono state costrette le regioni in rosso, logica che oggi penalizza regioni virtuose alle prese con il recupero delle liste di attesa. Nella griglia Lea la Campania ormai si avvicina al punteggio esiti delle regioni del Nord», e per vedere se migliora o no «si dovrebbe guardare ad esempio l’attesa di vita di una collettività, se dopo 5 anni la distanza tra la regione peggiore e la migliore si è ridotta anche di un solo mese le cose migliorano. Certo, dal 2008 la mobilità sanitaria è cresciuta del 20%; per noi, spendere 46 euro ad abitante (e la Calabria 147) significa avere di meno per finanziare l’offerta in casa nostra. Come letti siamo sotto i 3 per mille abitanti, il Nord è sempre sopra i 3, e se calcoliamo il personale degli ospedali, posta una media nazionale di 15 er 1000 abitanti, il Sud è sotto, la Campania ne ha 10,9, l’Emilia-Romagna sta a 18,3. Quando la Campania ha detto no al DM 77 qualcuno dai ministeri ci esortava a spostare gente dall’ospedale al territorio, ma noi di personale non ne abbiamo, siamo sotto di 45 mila addetti. E di 4,5 miliardi di euro». Per Baldino, in un contesto d’invecchiamento generalizzato, per «quanto possiamo innovare l’investimento complessivo sul Ssn non basterà, tra processi di cura e nuovi farmaci. Il PNRR ci presenta il rischio di fare i muri senza avere le persone da metterci dentro. Se non assumere, serve innovare i processi sul territorio con un riordino dell’intera rete per calare il livello di pressione sull’ospedale. In Emilia-Romagna stiamo attivando una riforma sull’emergenza urgenza, in qualche anno target è far calare del 60-70% i codici bianchi in pronto soccorso. Confido molto sulla telemedicina. Ma è così vero che le pensioni devono essere una priorità rispetto alla salute?»

TAG: FONDI

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