Natalità Work in progress
02 Ottobre 2023 Ridare un valore all’immaginarsi genitori, grazie a campagne di informazione in grado di interessare i bambini e le loro famiglie, ed a messaggi corretti, condivisi dal mondo politico e nella comunità scientifica. È il primo passo per arrivare dal 2033 ai 500 mila nuovi nati l’anno che eviteranno il crollo demografico
Ridare un valore all’immaginarsi genitori, grazie a campagne di informazione in grado di interessare i bambini e le loro famiglie, ed a messaggi corretti, condivisi dal mondo politico e nella comunità scientifica. È il primo passo per arrivare dal 2033 ai 500 mila nuovi nati l’anno che eviteranno il crollo demografico dell’Italia. All’innesco dei comportamenti “virtuosi” è dedicata la quinta ed ultima sessione del meeting “Natalità work in progress” organizzato dalla Società Italiana di Ginecologia ed ostetricia. I ginecologi oggi si trovano di fronte a richieste precise di donne che hanno rinviato l’età per procreare fino a dopo i 40 anni e si sono accorte che è tardi. «Bisogna spiegarlo chiaramente che oltre una certa età a guidare non è il ciclo ma lo stato di salute degli ovociti e l’unica chance è l’impianto di questi ultimi», dice Antonio Chiantera, Presidente Aogoi Associazione dei Ginecologi Italiani. Giovanni Scambia, Direttore Generale Policlinico Gemelli, ginecologo, sottolinea come la sua professione sia pronta ad impegnarsi in campagne mediatiche sui problemi che possono mettere in pericolo la fertilità. Una è in itinere con il Ministero dell’Istruzione e spiega «quanto è sbagliato posticipare». Il presidente eletto della SIGO Vito Troiano vede il tema-denatalità come fulcro delle iniziative future della sua associazione: «Ci troviamo di fronte ad un 70% dei giovani che non sa quando finisce la chance di concepire. A volte non lo sanno nemmeno medici specializzandi né si conoscono le implicazioni cliniche di una gravidanza oltre i 35 anni. I professionisti devono lanciare messaggi omogenei, validati da una società scientifica».
Ribadisce Eleonora Porcu, Ginecologa Università Alma Mater, Consiglio superiore di sanità: «Bisognerebbe però spiegare, al più presto, che esiste un limite anagrafico alla fertilità, non si può rimandare troppo. E la politica deve fare in modo che la donna possa scegliere di avere figli in ogni momento della sua vita e non solo quando è assunta».
Ma perché in Italia abbiamo dato valore al vivere da soli, all’”egolatria” e parole come “padre” o “madre” sembrano aver perso appeal? «La nascita di un figlio in Italia resta la seconda causa di povertà, la prima è la perdita di lavoro del genitore», risponde Gianluigi De Palo, a capo degli Stati Generali della Natalità. Fare figli, dunque, è un po’ impoverirsi e forse serve un’inversione di tendenza. «Occorrerebbe che i governi intervenissero sulla tassazione–dice De Palo– oggi uguale reddito è tassato allo stesso modo sia che riguardi un solo percettore sia che riguardi una famiglia numerosa, invece servono politiche di solidarietà, che tra l’altro andrebbero condivise da tutte le forze politiche, per una diversa valorizzazione della famiglia nella società».
Ribadisce Eleonora Porcu, Ginecologa Università Alma Mater, Consiglio superiore di sanità: «Bisognerebbe però spiegare, al più presto, che esiste un limite anagrafico alla fertilità, non si può rimandare troppo. E la politica deve fare in modo che la donna possa scegliere di avere figli in ogni momento della sua vita e non solo quando è assunta».
Ma perché in Italia abbiamo dato valore al vivere da soli, all’”egolatria” e parole come “padre” o “madre” sembrano aver perso appeal? «La nascita di un figlio in Italia resta la seconda causa di povertà, la prima è la perdita di lavoro del genitore», risponde Gianluigi De Palo, a capo degli Stati Generali della Natalità. Fare figli, dunque, è un po’ impoverirsi e forse serve un’inversione di tendenza. «Occorrerebbe che i governi intervenissero sulla tassazione–dice De Palo– oggi uguale reddito è tassato allo stesso modo sia che riguardi un solo percettore sia che riguardi una famiglia numerosa, invece servono politiche di solidarietà, che tra l’altro andrebbero condivise da tutte le forze politiche, per una diversa valorizzazione della famiglia nella società».
Ma come dovrebbe essere il messaggio giusto? Di fatto prova ad immaginarlo Monsignor Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la vita e capo della commissione sulla recente legge delega per gli anziani. Che dice: «La genitorialità non è un valore ma è la nostra vita. L’essere ci chiama a generare, una parola che riguarda anche chi non fa figli. È generare mettere al mondo, voler bene, far guarire». Bisognerebbe spiegarlo non solo agli adolescenti, ma anche prima, ai bambini, riflette Chiara Bidoli, Capo Redattrice Corriere della Sera: «Il peso della famiglia diminuisce anche in tv negli spot e nei programmi, forse occorrerebbe nelle nostre pagine esaltare anche la narrazione di una normalità che implica il concetto di relazione. Ma in parallelo occorrerebbe educare fin da piccoli alla possibilità di essere genitori. Rivalutando la “normalità” dei bambini».
Non sarà che meno figli nascono più la maternità fa un po’ paura, specie alla donna, come fosse una malattia? Luigi Orfeo, Società Italiana di Neonatologia rassicura: «I punti nascita italiani come tassi di mortalità sono migliori di quelli francesi, britannici, statunitensi. Certo, alla qualità clinica va abbinata la qualità relazionale, la presenza del partner prima e dopo il parto, il rooming-in, l’attacco precoce al seno, sono messaggi da dare ai cittadini». Sullo sfondo c’è un’industria farmaceutica sempre più rivolta a «rispondere ai bisogni clinici insoddisfatti delle donne ed abbattere le barriere all’accesso ai farmaci, come spiega Alper Alptekin, Presidente Organon.
Ma a non avere paura insegnano forse le esperienze dirette. L’Africa ad esempio. «In 100 anni dal 1950 al 2050 salirà da 500 milioni a 2,5 miliardi di abitanti– dice Marco Rusconi, Capo Sezione Africa Ministero degli Esteri –e colpisce come i reparti ospedalieri siano in primo luogo di neonatologia, ed ostetricia». Il modello culturale a Sud del Sahara è l’opposto del nostro, malgrado la donna rischi molto, ad ogni gravidanza in un villaggio si fa una festa, racconta Don Dante Carraro, Cardiologo Medici con l’Africa. «Nell’ultimo quinquennio il Cuamm si è dato come obiettivo quello di arginare la mortalità per parto, e con l’aiuto del Ministero degli Esteri ha avviato un progetto per la maternità sicura. Intanto, uomini e donne venuti dall’Italia come volontari hanno appreso qualcosa di nuovo. Se nel nostro paese il tasso di natalità è 1,17 figli per coppia, tra loro è raddoppiato, 2,5 figli per coppia».
02/10/2023
02/10/2023
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