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21 Luglio 2022

Fondo sanitario, nel riparto tra Regioni entrano gli indicatori di deprivazione. Ecco come funzionano

Povertà, bassa scolarità, disoccupazione: il governo Draghi ha considerato per la prima volta tre indicatori di deprivazione, tipici delle regioni meno ricche, per il riparto annuale del Fondo sanitario 


Fondo sanitario, nel riparto tra Regioni entrano gli indicatori di deprivazione. Ecco come funzionano

Povertà, bassa scolarità, disoccupazione: il governo Draghi ha considerato per la prima volta tre indicatori di deprivazione, tipici delle regioni meno ricche, per il riparto annuale del Fondo sanitario. Insieme, costituiranno l’indicatore legato a “particolari situazioni territoriali”. Ma subito si aprono le polemiche: la parte di riparto che privilegia questo nuovo criterio è minima, pari allo 0,5% del totale. Troppo poco. Un altro 0,5% sarà ripartito in base al tasso di mortalità della popolazione sotto i settanta anni, altro indicatore di deprivazione che però è slegato dal reddito- Le nuove indicazioni sono contenute in una bozza di decreto in fase preliminare. Sarà la conferenza Stato-Regioni a dare l’ok. Le regioni non sono compattissime: la Campania, sostenitrice per i riparti del Fondo sanitario di criteri aggiuntivi alla pesatura della popolazione per età, si è sfilata al momento di dare l’ok al decreto sugli standard della medicina territoriale legato ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. 

Fino ad oggi per ripartire i 128 milioni del FSN ad oggi si usano i criteri del decreto legislativo 168 del 2011. Quest’ultimo all’articolo 27 comma 1 autorizza l’applicazione dei valori di costo medio del residente pesato per età delle tre regioni “benchmark”, le “virtuose” scelte dalle consorelle per fare da parametro nel calcolo del fabbisogno standard. Dal 2015 il sistema di pesatura è cambiato, introducendo eventuali percorsi di miglioramento fatti dalle regioni nel raggiungere standard di qualità di cui il riparto è chiamato a tenere conto. Ma quali pesi si usano? Per l’elenco, bisogna risalire indietro di altri 15-17 anni, alla legge 662 del 1996 che calcola il riparto in base alla popolazione residente, alle quote dei consumi sanitari ripartiti per età e sesso (ma nel Nuovo Sistema Informativo Sanitario che fa capo al Ministero della Salute sono contenuti solo i dati per età), dei tassi di mortalità della popolazione, e degli “indicatori relativi a particolari situazioni territoriali”. Da quest’anno il Governo ha deciso di evidenziare ulteriormente i tassi di mortalità e le particolari situazioni territoriali, delle cui ultime ha dato una spiegazione: l’indicatore va inteso come riferito a particolari situazioni socioeconomiche della popolazione. E specificamente: povertà relativa individuale; bassa scolarizzazione dai 15 anni in su; tasso di disoccupazione. Con successivo decreto, si provvederà ad individuare “gli ulteriori criteri di riparto previsti dalla normativa vigente in materia di costi e fabbisogni standard in sanità, non appena le informazioni relative ai medesimi criteri risulteranno disponibili e/o utilizzabili. In sede di applicazione dei criteri sopra indicati saranno utilizzati i valori ultimi disponibili”. 

Il 99% delle risorse e non più il 100% continuerà ad essere ripartito in base alla popolazione residente pesata per i consumi sanitari relativi alle classi di età; uno 0,5% delle risorse sarà ripartito in base al tasso di mortalità della popolazione sotto i 75 anni; infine, per il restante 0,5% delle risorse, si useranno, pesati alla pari, gli indicatori impattanti sui bisogni sanitari dei residenti: per un terzo la povertà relativa, per un terzo la bassa scolarizzazione, per un terzo il tasso di disoccupazione. Tra i commenti spicca quello di Tonino Aceti portavoce del network Salutequità che nel nuovo decreto ravvisa un passo non avanti ma indietro rispetto a provvedimenti precedenti. Ad esempio, in tempi di abolizione del superticket sulla ricetta. A maggio 2019 il decreto di riparto del Fondo da 60 milioni per alleggerire il “balzello”, inserì la deprivazione sociale tra gli indicatori, e in quel caso raddoppiarono le quote di accesso delle Regioni povere. Adesso, nel 2021, nel PNRR, al Sud è stato assegnato il 40% delle risorse destinate alla Sanità. In questo caso si è assegnato uno 0,5% alla deprivazione legata al reddito e uno 0,5% a quella intuitivamente legata alla povertà che può contribuire ad aumentare il tasso di mortalità. In ogni caso l’equità non è tenuta ancora in debito conto.


TAG: REGIONI FONDO SANITARIO GOVERNO DRAGHI

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