Intervista
09 Febbraio 2023 «Con tutto il rispetto per chi fa politica penso che di conoscitori di come funzionano le cure primarie ce ne sono pochi e molte decisioni vengono prese su schemi disattenti al nostro quotidiano di medici di famiglia». Si presenta così Fiorenzo Corti, da 28 anni ai vertici Fimmg
«Con tutto il rispetto per chi fa politica penso che di conoscitori di come funzionano le cure primarie ce ne sono pochi e molte decisioni vengono prese su schemi disattenti al nostro quotidiano di medici di famiglia». Si presenta così Fiorenzo Corti, da 28 anni ai vertici Fimmg dove è responsabile della comunicazione e vicesegretario. Corti è stato segretario Fimmg Lombardia a lungo, e oggi si candida nella sua regione alle elezioni (12-13/2) nella lista del Presidente attuale Attilio Fontana. Una scelta scaturita –spiega- dall’interesse dimostrato dalla sua lista al sostegno delle professioni intellettuali, “strategico” in un momento in cui la sanità pubblica vive un esodo di medici, deficit d’offerta, lunghe liste d’attesa. «Non solo la medicina di famiglia è sotto attacco ma tutta la sanità e le professioni che la rappresentano. Nel nostro settore è vitale affrontare il tema dei fattori produttivi. Incentivare da parte pubblica gli investimenti del medico in software, studi, hardware, personale, evita il rischio che le attività dei professionisti siano fagocitate da società sostenute da fondi internazionali di investimento che già in tutto il mondo sanità stanno acquisendo presìdi di riferimento per i pazienti, a partire dalle farmacie e dagli studi dentistici, per gestirli con logiche di produttività e di profitto», afferma Corti. E aggiunge: «Il medico di medicina generale svolge un servizio al paziente che è fatto di ascolto, clinica e codice deontologico; la dipendenza del medico, magari attraverso la Casa di Comunità affidata a gestori esterni alla sanità pubblica, trasformerebbe la sua attività, e non solo quella, in un “prestazionificio” dove si produce indipendentemente dalle logiche di accoglienza e congruità caratterizzanti le cure primarie».
In un’intervista su Doctor 33, lo stesso Corti esprime poi preoccupazione sulla sostenibilità futura dei servizi sanitari nazionali. «In Italia, i 126 miliardi del Fondo sanitario nazionale non bastano se vogliamo continuare ad erogare i Livelli essenziali di assistenza in modo efficace. Ci sono sofferenze su visite specialistiche e diagnostica. Le risorse stanziate dal PNRR sono destinate per lo più a nuove strutture: anche il Decreto Ministeriale 77 è rigido e crea modelli standardizzati che faticano ad applicarsi a realtà territoriali diverse». La Lombardia, 10 milioni abitanti, al momento, contrariamente a quanto si pensa, non ha la più alta prevalenza di strutture private. «In realtà per privato accreditato è in testa il Lazio. Abbiamo eccellenze nella sanità pubblica, gli Irccs svolgono un ruolo chiave a livello nazionale, basti pensare al Besta, all’istituto Tumori, all’IEO, e all’ospedale Niguarda. C’è invece un buco è nell’assistenza territoriale, e non solo in Lombardia, ma con il PNRR e DM 77 il rischio è che, invece di chiudere strutture obsolete, si facciano doppioni, e si generi un aumento di un’offerta spesso indiscriminata ed irrilevante sul raggiungimento di obiettivi di salute. Poi c’è il tema del privato non convenzionato, sempre più sostenuto da un welfare aziendale dove si distinguono strutture produttive importanti che mettono a disposizione dei dipendenti assicurazioni e fondi integrativi: partecipano una sanità sostenuta da risorse non erogate dal Ssn».
Corti porta l’esperienza di una regione dove l’associazionismo medico ha avuto la chance di lanciarsi in modo importante, «come medicine di gruppo ed incentivi per i collaboratori di studio. Ma l’obiettivo è arrivare a uno standard della medicina generale: basta con i medici soli davanti a ricette e certificati e senza strumentazione diagnostica, sì a medici dotati di strumenti da usare nell’ambito di un percorso di erogazione, non di prestazioni ma di un servizio. C’è un secondo tema: è impensabile che dopo 45 anni di SSN la sanità sia centralista. Alle realtà che si sviluppano autonomamente sui territori va data la chance di offrire un contributo a supporto delle strutture presenti. Le cooperative hanno favorito in tempo di pandemia l’inoculazione nei nostri studi di 2 milioni di dosi di vaccino, senza di esse non l’avremmo vista. Esperienze sono state fatte da medici di famiglia anche in Toscana ed Emilia-Romagna e dovrebbero crescere ma nel resto d’Italia si fatica a trovare un modello che risponda a questo tipo di bisogni». Quest’anno Corti compie 70 anni. «Credo si possa fare qualcosa per supportare i medici contro il carico burocratico. Non sono iscritto a nessun partito, voglio far parte di una lista di persone competenti che danno una mano a supportare la politica nelle sue azioni».
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